Infermità mentale: “Il caso Pecorale, il povero Yelfry e le assurdità di un sistema tutto da cambiare”

Il 10 aprile del 2022, a Pescara, un uomo va a comprare degli arrosticini di pecora. A servirglieli un bravo cuoco, un giovane immigrato, Yelfry Guzman, che si è ben integrato in Italia. Un bravo lavoratore, onesto, una di quelle persone che nel nostro Paese sono ben accettate. Gli arrosticini, però, non sono sufficientemente salati. E cosi l’acquirente, Federico Pecorale, estrae la pistola e spara sei colpi. Yelfry viene colpito. Rimarrà paralizzato. Perché un arrosticino non era abbastanza salato.

Viene ovviamente eseguita una perizia psichiatrica su Pecorale. Viene dichiarato seminfermo di mente e condannato a sette anni di carcere per tentato omicidio più cinque da trascorrere in una Rems. Pare che abbia un disturbo delirante, così dicono, ma in realtà è un delinquente conclamato. Ma la storia non finisce qui. Perché Pecorale, una settimana fa si è fatto ricoverare in ospedale e il suo avvocato punta in appello all’infermità totale, che gli darebbe la possibilità di trascorrere una decina di anni in una Rems, poi possibilmente ridotti con vari artifizi. Ma Yelfry non potrà più camminare, forse, anche se preghiamo Iddio che questo splendido ragazzo, che chiede solo giustizia e non vendetta, ce la faccia.

Da Luca Delfino, che ha avuto la seminfermità, ad Alberto Scagni, il cui processo è in corso a Genova, non ne possiamo più di infermità e seminfermità varie. Per questo abbiamo presentato il disegno di legge che prevede la discriminante psicotica al momento dell’atto. La senatrice Ilaria Cucchi, il cui compagno era il difensore di parte civile nel processo Scagni, ha detto che io avrei addirittura presentato questo disegno di legge proprio contro Scagni. Dimenticando, da legislatore, che nessuna norma può essere retroattiva. E poi c’è il caso di Mauro Rozza, che ha ucciso la moglie senza pagare niente ed è uscito per truffare una disabile. E aspettiamo perizie importanti su casi eclatanti trepidando. Capisco che queste persone non le vogliano in carcere ma non è una buona scusa per lasciarle libere.

Insomma, parafrasando Eugenio Montale, “é uno stillicidio senza tronfi”. Per questo ci vuole la legge. Per dare giustizia a chi la merita e per evitare scorciatoie pericolose per chi dovrebbe solo stare in carcere.

*Vice capogruppo FdI Camera dei deputati

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