Il punto del maestro Feltri: “Merita la galera chi massacra una capretta. Se fosse stato mio figlio lo vorrei in cella”

“In galera chi ha ucciso la capretta. Se fosse stato mio figlio lo vorrei in cella”.  Vittorio Feltri dedica un editoriale di prima pagina alla capretta presa a calci fino alla morte durante un compleanno di 18enni degenerato in momenti di orrore ad Anagni. Sgomento e indignazione in questi giorni hanno accompagnato la cronaca e i commenti a questa vicenda di folle crudeltà: violenza indicibile accompagnata dal gesto ormai consueto di postarla sui social. Un video nel quale si sentono le urla belluine:  “Colpiscila ancora! Fallo di nuovo! Ancora!”. L’episodio ha suscitato l’attenzione come non mai di psicologi e criminologi sul  fenomeno crescente delle violenze ricondotte a un’esibizionismo malato.

“Se non curiamo questa malattia, saremo costretti ad assistere ad una escalation di brutalità”. “La tortura ad un animale non è meno grave di quella inflitta ad un essere umano- scrive il direttore editoriale di Libero-. Perché essa rappresenta un segnale che la società (le famiglie in primis) non deve ignorare. Dal momento che l’abuso sui quattrozampe precede o si accompagna a quello sulle persone. E la crudeltà nei confronti dei primi è predittiva della pericolosità sociale di chi la mostra; ovvero indica la tendenza a delinquere del soggetto che la manifesta ed è quindi molto probabile, se non addirittura sicuro e scontato, che questi ponga in essere altri fatti costituenti reato”. Un mix infernale di gusto per la violenza, amplificato da una sindrome istrionico-narcisistaica che pervade ormai tanti espisodi sciagurati.

La capretta – la festa di compleanno si teneva in un agriturismo-  che si era avvicinata agli ospiti, essendo abituata al contatto con gli esseri umani, “si fidava”. Ricevendone calci nello stomaco e su tutto il corpo.  I balordi ubriachi si sganasciavano “mentre questa spirava tra atroci sofferenze”, rievoca Feltri i particolari più truci resi noti in questi giorni. Suscita sgomento il video della scena sanguinaria postato quasi “con fierezza”. “Vi confesso che orrori di tale genere non mi sconvolgono meno delle violenze sessuali. Eventi come questi ci indicano non soltanto l’incapacità dei genitori di trasmettere ai figli il rispetto nei confronti di ogni forma di vita; quindi anche la sensibilità che non è innata ma si acquisisce mediante l’educazione, la civilizzazione, la creazione di una coscienza sociale che sfocia nel sapere vivere in una comunità”.

C’è di più – osserva Feltri- “c’è un malessere profondo, una frustrazione spaventosa. Una miseria umana abissale che alberga nell’animo di questa gioventù smarrita e spietata, scellerata e perversa. Perciò, sostanzialmente infelice”. Il direttore chiama in soccorso la scuola, le famiglie ovviamente. “Nelle scuole andrebbe insegnato l’amore verso gli animali. Solamente così potremo salvarci dal rischio – ahimè concretissimo – di precipitare ulteriormente in una spirale di barbarie. Che inghiottirà gli ultimi brandelli della nostra umanità. Personalmente, se fossi padre di un adolescente il quale partecipasse a atti come quello di Anagni, mi domanderei dove io abbia fallito e mi impegnerei affinché non gli venisse risparmiata la galera. Per il suo bene”.

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