Il mistero di Vicenza e Sarzana, potenziali killer a piede libero: Cartabia manda gli ispettori. Perché questi violenti non erano in cella?

Dai femminicidi di Vicenza ai delitti di Sarzana, potenziali killer a piede libero: la Cartabia manda gli ispettori. Vuole vederci chiaro su mancato arresto e scarcerazione. Si rinnova il rituale degli «ispettori inviati dal ministro per fare chiarezza»: la ministra della Giustizia ha chiesto all’ispettorato di avviare approfondimenti, a fronte delle notizie di stampa emerse sui casi di Sarzana e sulla carneficina di Vicenza (le foto dei protagonisti dai profili Facebook di Bedini e Vasiljevic e dall’Ansa ndr). Il primo passo dell’ispettorato dunque – precisano fonti ministeriali – una volta aperto un fascicolo, sarà chiedere una relazione ai vertici degli uffici giudiziari.

Un modo per fare chiarezza, insomma, sul perché due uomini, che avrebbero potuto uccidere, erano liberi invece che in cella, dove sarebbero dovuti stare. Soggetti attenzionati, come il 42enne serbo, Zlatan Vasiljevic, che a Vicenza, prima di suicidarsi,ha assassinato la compagna Gabriela Serrano e l’ex moglie, Lidia Miljkovic. O come il presunto autore dei delitti di Sarzana, l’italiano Daniele Bedini, accusato dell’omicidio di due donne. E che ieri non ha risposto alle domande al gip. Dunque, il guardasigilli vuole vederci chiaro. Sul caso di Vasiljevic, per esempio, che come ricorda oggi Il Giornale, rimanda tra le righe al pesante dubbio di una scarcerazione avvenuta troppo presto e troppo in fretta.

Una recriminazione a cui il procuratore capo ha replicato con sollecitudine, spiegando: «Non potevamo tenerlo in carcere più di quanto previsto dalla legge. Inoltre, nel disporre la scarcerazione, ci siamo basati sulle relazioni favorevoli dei medici e degli assistenti sociali». I quali, a loro volta, spiegano come la scelta del ritorno in libertà dell’imputato sia maturata a seguito di «percorso riabilitativo rivelatosi ampiamente positivo». Ma, lungi da una inutile caccia alle streghe, nella macchina della giustizia, qualcosa deve essersi inceppato se poi lo Zatlan riabilitato e scarcerato ha compiuto un massacro. E con tanto di minacce di morte inviate per lettera alla ex moglie, 3 giorni prima della carneficina…

Chiarimenti. Approfondimenti. Delucidazioni. Anche il capitolo giudiziario su Bedini – che dopo i precedenti penali dell’uomo emersi in queste ultime ore, potrebbe rivelarsi ancora più inquietante di quanto fin qui ipotizzato – richiede un intervento della ministra Cartabia, che possa fungere quanto meno da deterrente per prossime, analoghe situazioni. Perché se è vero che, come scrive il quotidiano diretto da Minzolini, «buttare la croce addosso a magistrati, medici e assistenti sociali chiamati ogni giorno a decisioni delicatissime, non sarebbe corretto», è altresì verosimile che esigere più attenzione, tempestività ed efficienza su decisioni da cui dipende la sicurezza dei cittadini è doveroso. È in questo senso, allora, che si spiega il provvedimento che la titolare del Ministero di via Arenula ha emanato. E che coinvolge anche il caso del mancato arresto di Daniele Bedini, dopo che era diventata definitiva la sua condanna a tre anni di reclusione per rapina aggravata.

Tanto che, come riferisce anche l’Ansa, «in attesa degli esiti di questa attività, anche il Pg della Cassazione Giovanni Salvi, che condivide con la ministra la titolarità dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati, ha iscritto un procedimento conoscitivo». Perché un fatto, nel marasma burocratico, è chiaro: il falegname 32enne, principale indiziato degli omicidi legati al mondo della prostituzione, doveva essere in cella a Massa almeno da metà febbraio. Quando la Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni dell’ordinanza che disponeva per Bedini tre anni di reclusione per una rapina a una sala slot nel 2019. Ma l’ordine di esecuzione della pena in realtà è arrivato solo nei giorni scorsi. Dopo il ritrovamento dei due cadaveri a pochi passi dal torrente Parmigliola

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