Il Generale Vannacci lancia il suo secondo libro: “Il Coraggio Vince”. E spiega: “Non esiste un gene gay”

By Bartolo Dall’orto

Roberto Vannacci non scioglie le riserve, non spiega se si candiderà o meno alle Europee con la Lega (“ma anche altri me lo hanno proposto”, assicura). Intanto, però, torna in edicola con il suo secondo libro. Il coraggio vince, scritto al contrario come il mondo che ha voluto raccontare nella sua prima fatica letteraria, è l’autobiografia di un incursore che vuole difendersi dalle accuse di chi, dopo aver letto il primo libro, o forse avendone spulciato solo alcuni passaggi, lo ha definito “razzista”, “omofobo” e “sessista”.

Li definisce “epiteti infondati”, il generale, sospeso intanto dal ministro della Difesa Guido Crosetto a seguito del procedimento disciplinare interno alla Difesa. “Il razzismo è un’ideologia che prevedere che una etnia sia superiore ad un’altra e questo non lo ho mai né espresso né scritto”. Stesso discorso per quanto riguarda l’omofobia, una “patologia psichiatrica” che riguarda chi “ha paura delle persone di orientamento sessuale” diverso dal proprio. E il generale questa “fobia” non ce l’ha affatto, come è tornato a ribadire ai microfoni di Nicola Porro a Quarta Repubblica: quelle frasi contenute nel Mondo al contrario (“non siete normali”) avevano un valore statistico, non qualitativo. Dovrà spiegarlo ai giudici che lo hanno sottoposto a inchiesta per istigazione all’odio razziale, uno dei procedimenti avviati nei suoi confronti insieme a quelli per truffa e peculato avviati dalla magistratura ordinaria, militare e contabile per le spese sostenute durante il servizio in Russia.

Anche il nuovo libro, tuttavia, farà discutere. Almeno per alcuni passaggi. Vannacci scrive: “Non mi risulta sia mai stato trovato il gene dell’omosessualità. I ricercatori lo hanno cercato ma non l’hanno trovato, non ancora almeno. Quando mi fanno notare che gay e lesbiche si nasce, non sono d’accordo, non del tutto. Credo nella forza dei condizionamenti sociali”. L’incursore crede in quello che ha vergato. Questo non significa che vi siano tendenze sessuali di serie A o di serie B, ma solo che “ognuno ha propri gusti e predilezioni” benché quelli omosessuali “interessino una minoranza della popolazione”. “Accusare qualcuno di essere omofobo – conclude Vannacci – significa dire che è affetto da una malattia psichiatrica”.

Che Vannacci si candidi o meno, e le sue espressioni lasciano supporre di sì, di sicuro c’è che il generale rappresenta un pezzo di Italia. Forse anche consistente. “La risonanza che ha avuto il libro – spiega il militare a Porro – dimostra che ci sono molte persone che si riconoscono in quello che ho detto. Era un testo provocatorio, come alcune sue frasi: ho usato una penna un po’ pesante per renderlo più interessante, ma ho sempre pesato le parole in modo che non fossero mai offensive e che non venissero mal interpretate”. Speranza vana. Del generale si parla e si dibatte anche a mesi di distanza dall’esplosione dello scandalo. E chissà quanti altri spunti di polemica conterrà anche la nuova fatica del generale, da oggi in libreria.

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