I referendum sulla giustizia in casa PD sembrano il gioco delle 3 carte: questa vince questa perde.. Bettini apre, Letta chiude

Un risultato politico i referendum lo hanno già ottenuto: far emergere l’ennesimo fronte di contraddizioni nel Pd e, con esso, nella maggioranza. I dem, infatti, si sono spaccati sull’opportunità di sostenerli. Prima ancora che venissero depositati ufficialmente. Mentre Matteo Salvini e il segretario radicale Maurizio Turco si preparavano a recarsi in Cassazione, infatti, sul Foglio compariva una lettera di Goffredo Bettini che sosteneva che «se saranno l’occasione di un dibattito aperto, franco e responsabile e se potranno avere l’effetto di spingere in avanti una legislazione che si è dimostrata lenta negli anni passati, essi vanno considerati con grande attenzione e coraggio».

I quesiti depositati da Radicali e Lega sono sei. Chiedono agli italiani di esprimersi sulle elezioni del Csm; la responsabilità diretta dei magistrati; l’equa valutazione dei magistrati; la separazione delle carriere dei magistrati; i limiti agli abusi della custodia cautelare; l’abolizione del decreto Severino. Si tratta di temi sensibilissimi, che lo diventano ancora di più nella cornice della riforma delle giustiziaall’attenzione del ministro Marta Cartabia, che stamattina incontrerà sul tema i partiti di maggioranza.

Oltre a Bettini, che ha chiesto sui temi referendari l’apertura di «un confronto serio e determinato», anche altri dem sono scesi in campo. Fra loro ci sono il senatore Andrea Marcucci e l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio. Tra i contrari, il deputato Andrea Romano e il capogruppo in Commissione Giustizia Alfredo Bazzoli, secondo il quale i quesiti sarebbero «superati dalle riforme in itinere». Soprattutto, si è detto contrario il segretario Enrico Letta, secondo il quale le riforme le deve fare il governo e il referendum «è uno strumento di lotta politica, ma non va da nessuna parte e non è neanche uno strumento di pressione».

È evidente che per Letta più delle questioni di merito, pesano le questioni politiche, con il rischio che i referendum sulla Giustizia si trasformino in una medaglia sul petto di Salvini. E, d’altra parte, in qualche modo il leader della Lega ha già messo nel sacco gli alleati di governo. Provocando un tutti contro tutti, non solo nel Pd. Il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone, ha ricordato che «siamo stati un anno a battagliare con il M5S sulla giustizia. Noi garantisti, il M5S giustizialista, il Pd si girava i pollici e Bettini amoreggiava con Conte e Bonafede». «Oggi leggere il suo appello a non snobbare i quesiti referendari dei radicali è a dir poco esilarante», ha commentato Faraone, mentre sul fronte M5S ufficialmente nulla trapela, ma – scrive Libero – «Salvini ha sul cellulare messaggi di parlamentari grillini che condividono l’iniziativa: oggi se ne stanno coperti, domani chissà».

Pubblicato da edizioni24

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