Gli Usa dicono sì ai 60 miliardi per Kiev. Biden: “Risposta alla Storia”

By Marco Liconti

Dopo mesi di stallo, che hanno polarizzato ulteriormente la politica americana e invertito nuovamente l’inerzia della guerra a favore della Russia, la Camera dei rappresentanti ha approvato il pacchetto di aiuti da 61 miliardi di dollari per Kiev. La conta finale segna 312 favorevoli e 112 contrari. Il dato politico vede i Democratici compatti, con i Repubblicani spaccati a metà. In altri due voti separati è stato dato il via libera anche a 26 miliardi di aiuti per Israele – con 58 voti contrari tra i Dem – e 8 miliardi per Taiwan. I provvedimenti, ricomposti in un unico pacchetto, torneranno ora al Senato entro martedì e poi alla firma del presidente Joe Biden. Il Pentagono sta già approntando l’invio in Ucraina di sistemi di artiglieria e di difesa aerea.

Lo spacchettamento del disegno di legge complessivo da 95 miliardi varato a inizio febbraio dal Senato, dopo mesi di sfiancanti trattative, è stato lo stratagemma ideato dallo speaker repubblicano Mike Johnson per vincere le resistenze interne al suo partito e assicurarsi, col sostegno bipartisan dei Democratici, maggioranze variabili (ma certe) su ciascuna misura. Sul fronte Gop, ad opporsi ai nuovi aiuti a Kiev era l’ala ultra conservatrice e trumpiana del partito, in nome dell’«America First» e della richiesta di un radicale cambio di rotta delle politiche sull’immigrazione. L’accelerazione c’è stata con l’attacco iraniano a Israele, che ha costretto la leadership repubblicana a privilegiare la realtà di quanto stava accadendo in Medioriente (e in Europa), rispetto alle faide di partito. Nei giorni scorsi, Johnson aveva incassato da Trump un sostanziale via libera, dopo che sulla testa era comparsa la spada di Damocle della mozione di sfiducia presentata dalla pasionaria trumpiana Marjorie Taylor Greene, che ancora sabato ha tentato fino all’ultimo di bloccare gli aiuti a Kiev. Lo scontro è solo rimandato, lo speaker è «un’anatra zoppa», ha tuonato la Greene dopo il voto. Alla fine, Johnson, che pure da semplice deputato si era opposto al sostegno all’Ucraina, si è convertito in uno «speaker da tempi di guerra», come lui stesso si è definito, incassando (per ora) una vittoria importante. «Non è un assegno in bianco», ci ha tenuto a precisare, rispetto al voto per l’Ucraina, una parte degli aiuti saranno erogati sotto forma di prestito, come chiedeva Trump. Immediate le reazioni.

Dalla Camera è emerso un «chiaro messaggio» sulla leadership americana e una «risposta alla chiamata della Storia», ha detto il presidente Biden. Col nuovo pacchetto Usa, «siamo tutti più sicuri», il commento del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Grazie America», il messaggio di Volodymyr Zelesnky. Le nuove armi «salveranno migliaia di vite e aiuteranno entrambe le nostre nazioni a diventare più forti», ha detto il leader ucraino. Per il Cremlino, invece, i nuovi aiuti Usa «uccideranno ancora più ucraini».

In un quarto voto, la Camera ha approvato anche alcune misure care ai Repubblicani: la messa al bando di TikTok se l’app non divorzierà dalla proprietà cinese; ulteriori sanzioni a Teheran e Mosca; e la vendita degli asset russi congelati per finanziare la guerra. Una misura, quest’ultima, che l’Unione europea considera piena di insidie dal punto di vista legale, come emerso anche dagli incontri primaverili del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, che si sono appena conclusi a Washington.

La ricetta della Commissione europea punta invece all’impiego degli extraprofitti generati dagli asset immobilizzati.

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