Daniele: “Dai giudici pistoleri ai poeti. Da quelli che alzano il gomito ai maneschi. Bocciati per entrare in Polizia fanno poi i magistrati”

By Gaetano Daniele

Sbagliare è umano. Per carità. Ma per giudicare una persona ci vuole equilibrio, serietà e competenza. Ernesto Anastasio ne sa qualcosa. “Avevo fatto il concorso per poliziotto. Alla fine mi fecero un test psicoattitudinale e mi dissero: “Ecco, tu il poliziotto non lo puoi fare”. Sarebbe stato bene che me lo avessero fatto anche al concorso per magistrato”. Ernesto Anastasio, il giudice poeta, aveva accumulato ritardi spaventosi nella trattazione delle pratiche e il Csm lo aveva dipinto con parole pesantissime: “Un sistematico atteggiamento di assoluta mancanza di laboriosità e disinteresse manifesto verso la legittima aspettativa delle parti ad una risposta di giustizia in tempi ragionevoli”.

Un calvario durato anni. Alla fine, l’anno scorso, la Disciplinare del Csm l’aveva messo in naftalina, sospendendolo dalle funzioni e dallo stipendio e a quel punto è stato lui a gettare la spugna. Il test lo avrebbe probabilmente fermato sulla porta della professione e avrebbe evitato questa giostra affannosa, umiliante per chi attendeva un provvedimento urgente, imbarazzante anche per lui.

Si dirà che parliamo di eccezioni. E le eccezioni lo sappiamo bene, esistono. Infatti, il filtro dovrebbe intercettare proprio quelle persone prive del giusto equilibrio necessario per giudicare. E invece in molti tribunali ci sono toghe, una piccola minoranza si intende, che hanno evidenti problemi nel relazionarsi con gli altri. Ogni tanto i casi affiorano alla Disciplinare, uno specchio dei tic e delle deviazioni delle toghe, e si scoprono storie che paiono inventate di sana pianta tanto sembrano inverosimili. Come una nota avvocatessa afragolese E. T. Diverse sono state le minacce e pressioni psicologiche ai danni delle controparti. A me, una mattina, senza motivo alcuno, nell’atrio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, mi disse testuale: “Se mi metti sul giornale ti querelo, porto tutto al giudice”. Una sua assistita, presa dalle visioni, gli raccontò di averla vista da qualche parte sul mio giornale. Ascolterete parola per parola, ma soprattutto a chi difende e come la difende. Se non ci arriva la magistratura, ci arriviamo noi. La sua storia sarà raccontata nella prossima puntata no de Il Notiziario, ma in Tv, a “Il Picchio”. Magari così si appacia definitivamente e mi fa rinchiudere al 41bis. Ma di storie strane ce ne sono a iosa.

C’è stata finanche una magistrata arrivata davanti al Csm per essersi inginocchiata sulla strada a fianco di una zingara a chiedere l’elemosina. Quando il collegio, basito, le ha chiesto i motivi di quel comportamento incomprensibile, lei ha farfugliato di aver seguito un impulso di solidarietà verso la rom che l’aveva ispirata.
Può una persona con fragilità così marcate, amministrare la giustizia? Forse, l’avesse incontrata all’inizio uno psicologo, la storia sarebbe andata diversamente. Uno psicologo che fa bene il suo lavoro, senza pressioni psicologiche da relazioni terze, che si dovrebbe basare su quello che sta analizzando e non su altro.

Stesso discorso per il giudice venuto alle mani con i carabinieri che l’avevano fermato per un controllo. Lui, completamente ubriaco, si era avventato contro i militari, ricoprendoli di insulti degni di uno scaricatore di porto. Si può immaginare una toga schiava dell’alcol? Per i poliziotti i test sono routine: le forze dell’ordine maneggiano le armi, dunque il test può starci. Ma i giudici, affermano i detrattori del decreto, che c’entrano?
Quel che non si dice è che al momento dell’accesso alla professione anche i magistrati ricevono in automatico il porto d’armi. E, quello che si sottovaluta, è che al di là dell’arma, hanno a che fare con la vita delle persone. Chi può dimenticare il caso Tortora?

Certo, sono pochi quelli che si portano dietro la pistola ma per loro non c’è alcuna valutazione. Ragione in più per verificare all’inizio.

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