[Boom] Carcere di Santa Maria Capua Vetere, gli ispettori vogliono vederci chiaro. E la domanda che impazza è: Bonafede sapeva o no del pestaggio?

Anche il nome dell’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5S) è accostato ora alle violenze contro i detenuti nel carcere di Santa Maria. Un bubbone esploso nei giorni scorsi con l’indagine che coinvolge 52 agenti e che difficilmente potrà essere messo a tacere. Al punto che lo stesso Matteo Salvini, in un primo momento solidale con gli agenti indagati, è tornato sui suoi passi: “Chi sbaglia paga, soprattutto se indossa una divisa”. E poi accusa: “Chiedete a Bonafede, il ministro era lui e disse in aula che tutto era sotto controllo…“.

Bonafede ora se la prende con i giornali che riportano “false ricostruzioni” e minaccia querele contro chi tenterà di gettare fango su di lui.  Si riferisce a un articolo del Giornale che tira in ballo Francesco Basentini, il direttore del Dap fedelissimo di Bonafede dimessosi nel maggio 2020 per lo scandalo dei boss scarcerati. Se Basentini davvero sapeva, poteva Bonafede non sapere? Sospetti, supposizioni, ipotesi tutte da verificare. Basentini riceve tuttavia comunicazione da Antonio Fullone, il provveditore del Dap in Campania oggi interdetto dai pubblici uffici e sotto accusa per falso, depistaggio e favoreggiamento, delle perquisizioni nel reparto Nilo del carcerepoi degenerate in quella che il gip ha chiamato “orribile mattanza“. E Basentini disse a Fullone: «Hai fatto benissimo».

Tra l’8 e l’11 marzo – ricostruisce Repubblica – cominciano le rivolte negli istituti. E su Santa Maria Capua Vetere il quotidiano scrive: “Dal carcere segnalano qualche intemperanza dei detenuti del reparto “Nilo”. Non viene chiamato in causa il Gom, il Gruppo operativo mobile, il reparto scelto della Penitenziaria abituato a gestire vicende complesse. Ma arriva invece il Gis, il Gruppo di intervento speciale, una specie di celere. È la scelta della rappresaglia. La macelleria raccontata negli atti della Procura è quasi, secondo fonti del Dipartimento, scontata. È il 16 ottobre, invece, quando, dopo un’interrogazione del deputato Riccardo Magi, il ministero della Giustizia, per voce del sottosegretario 5 Stelle, Vittorio Ferraresi, va in aula a dire: «Quella di Santa Maria è stata una doverosa operazione di ripristino della legalità».

Com’ è possibile che Bonafede e il suo ministero abbiano difeso quelle violenze? In realtà non sapevano. La vecchia gestione del Dipartimento aveva consegnato relazioni nelle quali si diceva che tutto era stato fatto nel rispetto della legge”.

Il radicale Riccardo Magi incalza il grillino Ferraresi, che disse in aula che tutto andava bene: “Ho riletto e riascoltato più volte la risposta del Ministero a quell’interpellanza dell’ottobre scorso e non sono possibili interpretazioni che attenuino l’assurdità di quella definizione: ‘doverosa azione di ripristino della legalità’. Come è stato possibile usarla a sei mesi dai fatti mentre l’indagine era già in una fase avanzata e sugli organi di stampa si descriveva il contenuto dei video divenuti pubblici negli ultimi giorni anziché dire che, qualora confermate, quelle condotte sono di una gravità inaudita?”.

Altri casi come quelli di Santa Maria Capua Vetere sono stati denunciati a Melfi, Ascoli Piceno, Modena, Rieti, Bologna.  Le inchieste già avviate a Potenza e Ascoli – sottolinea il Corriere – rischiano di essere archiviate perché nelle carceri le telecamere non erano attivate e – come sottolinea il pm di Potenza Gerardo Salvia – «tenuto conto dell’esito infruttuoso dell’individuazione fotografica a cui i denuncianti sono stati sottoposti», poiché gli agenti «erano travisati». Il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha affidato agli ispettori del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, accertamenti ad ampio raggio per venire a capo di una vicenda che getta ombre inquietanti sulla polizia penitenziaria, a garanzia dei 37mila uomini in servizio che fanno onestamente e senza sbavature il proprio lavoro.

Pubblicato da edizioni24

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