L’ultima profezia farlocca di Saviano: denuncia un complotto del nord contro il Napoli. “Vogliono toglierci lo scudetto”

Roberto Saviano non si smentisce neanche sul calcio: anche qui il suo approccio è piagnone e vittimistico, come quando insulta i politici ma poi i dichiara vittima di una congiura liberticida se si becca una Querela. Stavolta lo scrittore di Gomorra parla della sua squadra del cuore, il Napoli, che in campionato ha un bel vantaggio, del tutto meritato, sulle avversarie. Ma Saviano ipotizza anche qui il “complotto” per far perdere lo scudetto agli azzurri. “Da tifoso temo che non ce lo facciano vincere. Che si metta in moto la grande macchina che spinge le squadre del Nord“, dice in una intervista alla Gazzetta dello Sport nella quale manifesta tutte le sue ansie di tifoso. “Seconda paura: come ripartiremo dopo il Mondiale. C’è solo una cosa peggiore degli infortuni: stare fermi. Con l’Inter, gara chiave, scopriremo se siamo quelli di prima. Il Milan per me è l’avversario numero uno. Forse per i miei antichi incubi da bambino che temeva Gullit e Van Basten. La Juve mi preoccupa meno. Credo che sarà frenata dai problemi societari”, dice.

Saviano, ovviamente, si ritiene un grande esperto anche di football e non rinuncia a parlare anche della morte di Pelè, in una chiave politica: “Pelé è stato, è, un calciatore nero, nero ebano, non mulatto, discendente degli schiavi africani deportati in Brasile, che fa alzare in piedi milioni di persone, mentre nel resto del mondo ai neri è proibito sposare bianchi, frequentare gli stessi bagni, le stesse scuole. Una rivoluzione che oggi non viene percepita nella sua potenza davanti alla grandezza del mito sportivo. Il lustrascarpe che prende la strada dello sport come strada di riscatto, cosa all’epoca affatto scontata. Per me Pelé è soprattutto questo”, dice ancora.

Poi ci fa sapere che anche suo padre è un grande intenditore: “Mio padre me lo aveva segnalato prima che ci pensasse il Napoli. Lo aveva visto nell’Under 21. Mi piace perché non ha la faccia del calciatore, ma di un bambino timido che gioca in strada. E poi perché giocava in Russia, e alla scoppio della guerra è tornato in patria, anche a costo di perdere le chiamate dei ricchi club tedeschi. Il Napoli è stato bravo a inserirsi. Per me Kvara è uno che ha detto no a Putin, anche se non parla mai delle pressioni subite quand’era al Rubin Kazan”.

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