Un giorno nel deserto, i miei uomini mi chiesero: Capitano, cosa faresti se questo fosse l’ultimo tuo giorno sulla terra? Cosa farei? Niente. Resterei qui, con voi. Perchè voi siete la mia famiglia, i miei fratelli…

Cinque mezzi, una ventina di uomini con l’euforia della missione compiuta, dell’operazione andata a buon fine. Eravamo in viaggio da giorni, avevamo dovuto seguire e neutralizzare dei capi talebani che alla fine eravamo riusciti a circondare e a consegnare alle truppe afghane e ora stavamo rientrando, ancora una volta era andato tutto bene. Nessun ferito, i mezzi intatti, l’adrenalina che ancora ci pompava dentro, la voglia di ridere, di scherzare, andavamo a quel posto che chiamavamo “casa” anche se era un baraccamento in mezzo al nulla con poca acqua, delle latrine appena accettabili e dei posti per dormire che ognuno si sceglieva, a seconda del momento.

In un angolo c’era pure un materasso, lo avevamo trovato quando avevamo scelto il posto, chissà da quanto tempo era lì. A vederlo sembrava buono, ma se lo giravi sul retro c’era il buco di una bomba e le molle di fuori, ma se lo usavi così, era come la camera di un hotel di lusso! Quel materasso ce lo contendevamo ogni sera, il primo che riusciva a metterci sopra il suo sacco, se lo teneva, tra i brontolii di tutti e quindi era una corsa al vincitore.

Una paio di volte era toccato anche a me, anche se per me dormire lì o in terra era lo stesso, non avevo problemi di sonno. Nel senso che non dormivo proprio se non un paio d’ore e quindi farle su un materasso bucato o sulla sabbia non cambiava molto. Era buio da più di un’ora così ordinai il fermo, avremmo passato la notte lì, non sembrava un luogo più pericoloso di altri. Abbastanza distanti da tutto e da tutti, intorno a noi il deserto, sopra a noi delle stelle talmente grandi da sembrare fanali. In pochi minuti eravamo accampati, i mezzi distanziati tra loro, un fuoco acceso, le razioni e la poca acqua pronte per un lauto pasto, una sigaretta, finalmente…e poi i discorsi… i soliti discorsi intorno al fuoco. Donne, nella maggior parte dei casi. Donne meravigliose conosciute chissà quando chissà dove, bionde, brune, occhi di fuoco, verdi come il veleno, labbra voraci, mani morbide…Non si parlava di famiglia, vietato. E non si parlava di politica, religione, calcio, tutto vietato. Oh non ufficialmente, era un nostro codice, un nostro modo per tenerci la mente libera, per non far nascere emozioni, litigi, fazioni. Si parlava di cose accadute, lontano nel tempo, ma solo se erano finite bene. Si parlava di appuntamenti prossimi, di scopate incredibili, di amori travolgenti, di questo si parlava. Perchè così la mente staccava un poco dalla situazione attuale ma non troppo da rendertti debole, non troppo da coinvolgerti.

Poi uno disse, guardando il cielo, in un momento di silenzio. Cosa faresti, se sapessi che questo fosse il tuo ultimo giorno sulla terra? Cosa faresti quel giorno? Per un attimo il silenzio proseguì, intenso. Il crepitio del fuoco era l’unico rumore, assieme al frusciare della sabbia che col vento cambiava forma. Le silhouettes dei nostri di guardia si stagliavano nel buio del cielo, ombre amiche che cercavano con gli occhi tesi ogni piccola anomalia, ogni movimento per salvaguardare noi e loro. Nessuno aveva il coraggio di continuare quel discorso, era troppo pesante, troppo perosonale. Poi uno disse, sottovoce.

Tornerei a casa ad abbracciare la mia famiglia, i miei figli… Altri annuirono, convinti. Poi la voce di uno che dal buio intorno disse, ridendo. Ah, cazzz, andrei a trovare una femmina grassa e morbida e me la scoperei tutta la notte, fino a morire tra le sue braccia!
Risate, ma in realtà nessuno rideva davvero. La domanda era rimasta sospesa. Cosa faresti se fosse il tuo ultimo giorno sulla terra?
Poi le risposte arrivarono a raffica, veloci, ognuno la sua, ognuno deciso, sicuro. Direi una preghiera. Chiederei al Cielo una proroga…vorrei mangiare in un ristorante di lusso…vorrei fare un giro in moto…vorrei andare al mare, non ho mai visto il mare…poi si rivolsero a me, come se io potessi sciogliere i loro dubbi. Capitano, tu cosa faresti? Dove andresti?

Li guardai ad uno ad uno. I miei ragazzi. No non erano più ragazzi, erano tutti uomini, erano cresciuti in esperienza e cuore, di ragazzi avevano solo l’aspetto, anche se erano abbronzati e sporchi. Come me. Sorrisi, avevo chiaro in mente quello che avrei detto. Cosa farei? Niente. Resterei qui, con voi. Perchè voi siete la mia famiglia, i miei fratelli, lo stesso sangue che ci unisce, lo stesso pensiero che ci accoglie. Dove altro andare? Resterei con voi, fissando le stelle che sono i nostri che sono andati avanti e aspetterei quel momento. In piedi. Uno accanto all’altro. Senza cedere di un passo nemmeno davanti all’ignoto. Dove altro poteri stare meglio?

Di nuovo il silenzio, il fuoco si stava spegnendo, uno alla volta andarono a cercarsi un posto dove dormire, uno passandomi accanto mormorò Capitano, quando torniamo al campo il materasso stavolta te lo prendi tu… e capii che era un ringraziamento delle mie parole. Mi distesi sulla sabbia, lontano dal fuoco, la faccia al cielo, le luci delle stelle che sembravano fari nella notte, il fucile accanto alla mano, pronto all’uso. E mi ripetei dentro di me. Non c’era posto migliore di dove essere, se fosse stato l’ultimo giorno. Insieme ai miei fratelli, alla mia famiglia, al sangue del mio sangue…

Pubblicato da edizioni24

Pubblicato da ith24.it - Per Info e segnalazioni: [email protected]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.