L’allarme arriva dai dati Istat elaborati dalle associazioni dei consumatori: anche se l’inflazione rallenta, i prezzi di alcuni prodotti del carrello della spesa non diminuiscono affatto. Un fenomeno che riguarda in particolare alimentari e bevande, che in alcuni casi tocca picchi record come il rincaro del 46,6% registrato dallo zucchero rispetto allo scorso anno. Si tratta di un tema all’attenzione del governo, tanto sul piano generale dell’inflazione, quanto su quello particolare delle sue ripercussioni, compresi i rischi di speculazione, sui singoli prodotti. «L’allarme sui prezzi resta alto perché l’inflazione è il nostro principale problema, abbiamo vinto la battaglia madre contro gli speculatori in campo energetico, chiediamo alla Bce piu cautela sui tassi perché c’è il rischio recessione», ha spiegato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ricordando che il governo si è mosso con decreto trasparenza, il rafforzamento del Garante dei prezzi e l’istituzione del Comitato di allerta rapida, più volte intervenuto anche sull’alimentare.
È in particolare il Messaggero di oggi a offrire un focus sull’argomento, partendo dai numeri elaborati dall’Unione nazionale consumatori sulla base dei dati Istat. L’aumento medio dei prodotti alimentari in un anno è stato dell’11,2%, che tradotti in moneta, su base annua, significano un esborso di 861 euro in più per una famiglia di quattro persone e di 1.029 per una famiglia dai tre figli in su. Dopo lo zucchero, che ha registrato quel rincaro record prossimo al 50%, l’impennata maggiore l’hanno avuta il riso (+32,4%), l’olio d’oliva (+26,6%), le patate (+26,5%), il latte conservato (+25,7%). E, ancora, in ordine: gelati, verdure fresche, bibite analcoliche, margarina, succhi di frutta, verdure surgelate, yogurt, alimenti per bambini, latte fresco e così avanti fino ai vegetali secchi che, con il 13% di aumento, chiudono la classifica dei 20 prodotti che hanno subito i maggiori rincari.
Complessivamente si parla di un aumento che a giugno si è attestata su base annua al 10,7%, in discesa rispetto a gennaio quando era al 12,6%, ma decisamente più alta rispetto all’andamento generale che ha visto nei primi sei mesi di quest’anno una flessione quasi del 4%, passando dal 10% di gennaio al 6,4% dello scorso mese. Ed è qui che si annida il sospetto della speculazione su cui il governo si è già attivato a diversi livelli. «Abbiamo vinto la “battaglia madre” contro gli speculatori nel campo energetico imponendo all’Europa, allora riluttante, il “price cap” sul gas: da allora il prezzo è crollato tornando ai livelli pre conflitto ucraino, a dimostrazione che la nostra posizione era giusta ed efficace. Ora – ha detto Urso al Messaggero – chiediamo più cautela alla Bce perché la Germania e l’Olanda sono già in recessione e rischiano di contagiare l’intero Continente».