Diatriba Anm-Nordio. Stravolta sulla Costituzione

E alla fine non rimase (quasi) più nessuno. In un giallo alla Agatha Christie gli indizi sarebbero concordi: l’ala più pasdaran della magistratura non gode più dei favori della sinistra. In altri tempi ci sarebbe stata la corsa a mettere il cappello sulla protesta Anm contro la decisione del Guardasigilli Carlo Nordio di aprire un’indagine disciplinare sui giudici milanesi che lo scorso 22 marzo si sarebbero fatti scappare l’imprenditore russo Artem Uss esfiltrato dalla sua villetta di Basiglio (Milano) grazie (pare) a una banda criminale serba. Uss è un pericoloso oligarca accusato di riciclaggio, frode finanziaria, contrabbando di petrolio e tecnologie militari. Concedere i domiciliari con braccialetto elettronico dopo il suo arresto a Malpensa lo scorso 17 ottobre 2022, senza assecondare la volontà dell’esecutivo di una custodia in carcere, è stato «un errore grossolano» secondo Nordio, commesso con un provvedimento di cinque righe» contro un «documentatissimo» e «ampiamente motivato» provvedimento di quattro pagine sulla sua sterminata disponibilità economica e sul rischio di fuga. «Il ministro attenta all’indipendenza della magistratura per superare una impasse diplomatica e ci allontana dalla Costituzione», si legge nel documento unitario approvato dall’assemblea dell’Anm di ieri, a cui Nordio (invitato) non ha partecipato, mandando al suo posto una missiva. «È questa l’indipendenza da difendere? Per noi significa proteggere chi sbaglia, favorire le correnti, frenare i più meritevoli», dice Enrico Costa (Azione-Iv).

Niente sciopero delle toghe, dunque, ma solo «uno stato di agitazione permanente». Una retromarcia rispetto agli annunci su Repubblica del leader Anm Giuseppe Santalucia legata ai troppi distinguo (anche dentro il sindacato delle toghe) rispetto a una misura giudicata eccessivo. «Non rispecchiava la volontà della maggioranza», aveva detto Rossella Marro (Unicost). Persino per il segretario di Area Eugenio Albamonte «non andava inflazionato per evitare di divenire irrilevanti». «Ha prevalso il buon senso, lo sciopero sarebbe suonato come una protesta a prescindere dai contenuti», dice al Giornale Angelo Piraino, leader di Magistratura indipendente, critico con l’iniziativa disciplinare «seppur con toni diversificati».

«La funzione disciplinare non può essere piegata per orientare i giudici», è il mantra dei vertici dell’Anm, convinti che dietro questa inchiesta disciplinare nasconda la volontà di comprimere la sfera di autonomia del giudici e mettere i pm sotto il controllo dell’esecutivo. Nei prossimi giorni sul tavolo di Palazzo Chigi arriveranno misure su intercettazioni, abuso d’ufficio, separazione delle carriere, riforma del Csm e abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. «Siamo preoccupati, chiediamo con urgenza un incontro», sibila Santalucia.

Se l’Anm sbrata, il Pd tace. Con Elly Schlein che alla giustizia penale preferisce quella «sociale ed energetica», vale a dire l’ideologia Lgbtq+ e quella green. È cambiato il vento? Forse. Lo dimostra anche la crescente insofferenza dei movimenti per l’Antimafia da passerella, la frattura durante le recenti commemorazioni e le polemiche che l’hanno lacerata dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, tra chi ha difeso l’operato dei Ros e chi ne ha minimizzato la portata, adombrando indicibili accordi.

Certo, non si può dire che la decisione di intervenire così radicalmente sulla giustizia – con un orizzonte di legislatura – sia una sorta di «vendetta» del centrodestra, anzi. È parte del programma di governo, come ha ricordato l’altro giorno Nordio alla festa del Foglio, e dunque esiste una volontà popolare di rimettere mano al disastrato universo giustizia. In più il ministro non è un intruso o un nemico, ma un ex magistrato che conosce pregi e difetti del sistema nel quale ha vissuto per quarant’anni, sia pure in posizione minoritaria rispetto al mainstream correntizio che ha tenuto in ostaggio la magistratura.

Lo scandalo innescato dalle captazioni del telefonino di Luca Palamara ha disvelato trame, intrecci e veleni di un sistema di potere di cui la stessa magistratura insiste a negarne l’esistenza. «Le riforme sono espressione di una visione liberale e garantista, pienamente conformi ai dettami della nostra carta costituzionale – sottolinea Pietro Pittalis (Forza Italia) – le critiche di certa parte della magistratura riflettono una visione conservatrice e autoreferenziale rispetto ad un sistema malato che non gode più la fiducia dei cittadini». Mentre Maurizio Gasparri stigmatizza «l’ennesimo diktat contro il Parlamento» e la «grave e intollerabile invasione ricorrente della magistratura nelle competenze del potere legislativo». Ma la fine della residuale reputazione delle toghe è uno degli altri tasselli del puzzle sul tavolo di Giorgia Meloni decisa più che mai a rimettere in sesto l’organo istituzionale più decisivo per cambiare faccia al Paese. Non è un caso se su Corte dei Conti, Pnrr e abuso d’ufficio le resistenze della magistratura si siano dimostrate speciose, strumentali. Tanto che dentro il popolo in toga si sono levate più voci di dissenso rispetto a questo atteggiamento intransigente. Anche Mi condivide «un senso di preoccupazione per le riforme in cantiere e il loro effettivo impatto sull’indipendenza della magistratura, bene irrinunciabile e presidio di uguaglianza», dice Piraino. Diversa invece la posizione di Md, espressa al Giornale dal suo leader Stefano Musolino, pm antimafia calabrese: «Il ministro continua ad evocare o direttamente proclamare principi, condivisibili e condivisi, contrastati da condotte che li contraddicono. Uno strappo tra equilibri costituzionali concreti (la cosiddetta Costituzione materiale) e quelli previsti dalla norma primaria che inquieta tutta la magistratura. È un grido di allarme che lanciamo a chi ha a cuore la tutela dei principi costituzionali ed i suoi saggi equilibri – sottolinea Musolino – Se poi si intende modificare le norme costituzionali, bisogna dirlo con chiarezza, aprendo così un dibattito consapevole. Ma finché gli equilibri saranno regolati da questa Costituzione il ministro ne deve essere rispettoso. Chi è chiamato a tutelarla deve operare per calmierare i violenti strappi a cui Nordio la sottopone». La guerra è solo all’inizio. Mentre il Pd resta alla finestra.

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