Fedez, Ferragni, Benigni & Co leader della sinistra. Alzano lo share, non i voti

La sinistra riparta dal Festival di Sanremo, l’unico luogo dove ha ottenuto una vittoria in questi giorni di tornata elettorale. Ora sulle primarie del Partito democratico aleggia lo spirito di Fedez, a questo punto è il candidato più autorevole, l’unico capace di compattare la sinistra italiana che vanta il più alto numero di scissioni nella storia.

L’agenda dei Ferragnez è perfetta, sembra fatta apposta per gli eredi del comunismo. Abbandonata ogni rivendicazione sociale, il Partito democratico, fedele ai compagni della grande industria e dell’alta finanza, infedele ai lavoratori e agli scocciatori della piccola-media impresa, ha un programma da partito radicale di massa, peggiorato dall’assenza di garantismo e dalla presenza ossessiva del politicamente corretto. Il Partito democratico, ma anche il Terzo polo, vede tutto attraverso il filtro della pattumiera dei social network, che ormai confonde con la realtà.

Fedez, meglio di Elly Schlein e Stefano Bonaccini, incarna tutte le lotte care ai progressisti: la fluidità (capirai che novità, leggetevi Platone, altro che Rosa Chemical), l’antirazzismo (nell’epoca meno razzista della storia d’Italia), l’antifascismo (in mancanza di fascismo, se non come nostalgico folclore). Tutte battaglie giuste, praticamente scontate. Così scontate da non interessare a nessuno, come dimostra il cappotto subito dal centrosinistra dalle politiche alle regionali.

Già, incredibile a dirsi, almeno per i cervelloni del Partito democratico, impegnati a difendere i diritti di Amadeus e Gianni Morandi: la massa o il popolo, come volete voi, ha altri problemi. La bolletta, i trasporti, lo stipendio, le tasse, la sanità. Tutte cose di cui non frega niente ai Ferragnez, che le persone comuni sono abituati a guardarle dall’alto di un grattacielo di City Life a Milano, famoso per costare al metro quadro quanto lo stipendio annuale di un italiano medio. Sanremo dunque non rispecchia altro che le manie di una sedicente élite, a dire il vero tanto ignorante quanto conformista. Sanremo è una rappresentazione lunare del pensiero dominante, ovvero del pensiero che occupa i media e le posizioni di potere nel mondo culturale. Anche se bisogna ammettere che scrivere Sanremo e cultura nella stessa frase è un ossimoro.

I baci tra ragazzi, i monologhi autoreferenziali, le supercazzole sulla complessità, le vecchie foto da stracciare, le libere canne in libero Paese, brutte melodie, brutti testi, i post su Twitter, le storie su Instagram… Se l’Italia fosse quella roba lì, il Partito democratico, che in questa mediocrità ci sguazza, avrebbe dovuto prendere almeno il 66 per cento di share, pardon: di voti e vincere in tutte le Regioni a man bassa.

Invece, guarda il caso, l’elettore, dopo essersi divertito grazie a giullar* e cantant*, va dritto in cabina a votare chiunque ma non i candidati del centrosinistra.

Pubblicato da edizioni24

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