Pd, “accordicchio spiccio”. Via libera al Manifesto dei valori ma in 11 lo bocciano

La montagna ha partorito il topolino. L’assemblea del Pd alla fine di una giornata complicata e ‘avvolgente’  ha approvato il Manifesto dei valori. La tavola sacra che porterà il Nazareno al fatidico congresso di marzo con ben 4 sfidanti alla segreteria. L’unanimità non è nelle corte dei democratici: il manifesto ‘passa’ al parlamentino dem  con 11 voti contrari e 24 astenuti. Peggio per il nuovo Statuto che è stato approvato con 18 voti contrari e 22 astenuti.

Da oggi si apre ufficialmente il conto alla rovescia verso. Davanti alla platea scaldano i muscoli i quattro candidati alla segreteria post-Letta: Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo. “Siete stati tutti convincenti, faccio fatica a scegliere chi votare tra voi quattro”, commenta un ecumenico Enrico Letta. Che si atteggia ad arbitro sopra le parte e parla d “primo giorno di primavera”. Il segretario della disfatta si dice sicuro di vincere alle prossime politiche e che “quelli che oggi ci hanno preso in giro torneranno a bussare alle nostre porte”.

Sul palco si alternano tutti gli sfidanti. Il governatore emiliano si muove e parla da segretario in pectore. Parla do salario minimo e Covid per lanciare un ‘gancio’ ad Orlando e Speranza, sostenitori della Schlein. Che a sua volta punta sui temi ‘grillini’. Ambiente, lavoro, donne, diritti. Cuperlo chiede di “ritrovare la potenza di un pensiero sul tempo che ci è capitato di vivere”. L’ex ministra De Micheli, da brava romagnola, punta su organizzazione del Pd e metodi dello “stare insieme”.

“Grazie Enrico per la relazione di oggi e per il lavoro svolto in questi mesi complicati. Ringrazio il comitato il cui lavoro ho condiviso. Grazie ad Articolo 1 di essere qui. Ci facciamo spesso applausi tra di noi”, dice Bonaccini. “Ma dovrebbero applaudirci fuori, non ci hanno applaudito e non ci hanno votato. Finalmente domani si entra nel vivo”. Poi un affondo sul cambio di nome. “Mai più intrappolati in discussioni incomprensibili fuori da qui. Del nome me lo chiedono solo i giornalisti. Non ho trovato un cittadino che ponesse il problema di cambiare nome ma tanti di cambiare politiche, classe dirigente e di ascoltare la base. Andiamoci a riprendere i voti che abbiamo perso”.

La Schlein scodella la sua ricetta per un Pd più di sinistra. Parte ringraziando la “generosità” del Pd che le ha consentito di riprendere la tessera e di candidarsi. “Abbiamo un compito importante – dice – non solo eleggere il segretario ma guardare al futuro”. Poi l’affondo scontato al premier Meloni. “Non si aiutano le donne limitando opzione donna o le pensioni per numero di figli. Non ce ne facciamo niente di una premier donna che non aiuta le donne nella vita di tutti i giorni”. o.

La De Micheli si atteggia a sindacalista degli iscritti. “Siamo di sinistra, le persone si aspettano un qualcosa in più in fatto di partecipazione”. Quindi  lancia la proposta di dare più peso al voto degli iscritti, potrebbe valere “doppio”. E poi il finanziamento pubblico ai partiti. “Non possiamo più permetterci di stare senza. Abbiamo fatto un errore, è segno di intelligenza ammetterlo. Spero che tutti siano d’accordo per fare una battaglia tutti insieme”.

Cuperlo vola alto. Ma lo capiranno? “Il voto è lontano. A noi serve la potenza di un pensiero sul tempo che ci è toccato in sorte. Sento a volte ironie su di noi. Tra noi non ci sono né Sturzo né Gramsci o Tina Anselmi e Nilde Jotti. Ma non siamo neanche Brancaleone da Norcia. Siamo una comunità di uomini e donne che hanno passione, cosciente degli errori commessi”. Poi scegli parole nettissime sulla guerra. “Pace oggi significa difendere l’Ucraina. L’occidente ha le sue colpe ma nulla assolve il crimine contro quel popolo. Se l’Ucraina smette di difendersi smette di esistere. Se la Russia smette di combattere smette la guerra”.

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