“Zitti zitti, stiamo rosicando…”. Donne di sinistra in crisi per il trionfo della Meloni

Mentre i suoi oppositori ancora si arrovellano su articoli e desinenze, lei ha scoperto le ultime caselle di governo e già annunciato le prime misure. Si è presentata in conferenza stampa abbottonata nel solito tailleur “maschile”, circondata da ministri che l’hanno chiamata come ha chiesto: “Il presidente”. Giorgia Meloni non si piega ai diktat dello schwa. È l’immagine plastica di quanto sia sterile questo strano dibattito sulle parole, sui costumi, sulle movenze. Chi la vuole fermare di certo non ci riuscirà così, chi invece aspetta di vederci più chiaro prima di giudicare, oggi, ha qualche elemento in più.

In tanti la aspettano alla prova dei primi cento giorni, soprattutto le donne. Per raccogliere le loro prime impressioni, scegliamo un quartiere romano, il Trieste-Salario, dove alle elezioni del 25 settembre centrodestra e centrosinistra hanno ottenuto più o meno le stesse percentuali. “La prima donna al governo? È comunque una cosa positiva, perlomeno a livello simbolico, poi certo, essere donna non ti solleva dagli errori. Staremo a vedere se ne farà”, ci dice una mamma sulla trentina. “Il linguaggio è importante: se si facesse chiamare presidentessa non mi disturberebbe, però non mi pare una questione fondamentale”, ci tiene a mettere in chiaro.

“Uomo o donna poco importa: io guardo all’intelligenza dell’individuo, mi interessa che faccia un buon lavoro”, sentenzia una donna più anziana. Cosa ne pensa di chi grida al maschilismo per la scelta dell’articolo maschile? “Che è una boiata, quella che esercita è una funzione neutra”, risponde. “Il presidente, la presidente, la presidentessa, alla fine sempre quello è”, sintetizza un’altra signora. Ma c’è pure chi sposa in pieno la linea Boldrini, intravedendo nella scelta linguistica del presidente oscuri presagi per la libertà e i diritti delle donne. È il caso di una ventenne: “È una firma, ci dice già che non porterà avanti la rivoluzione femminista”.

Il fatto che sia donna non conta, oppure vale fino a un certo punto. Ed è davvero singolare dopo le battaglie per le quote rosa. Anni ed anni ad anteporre il genere al merito, e adesso che Giorgia Meloni è al governo le femministe ingranano la retro: “Non basta che sia donna. È Giorgia Meloni, espressione della destra più reazionaria”, prosegue la nostra interlocutrice. Sarà mica che stanno rosicando? La risposta di una coetanea è all’insegna della sincerità: “È vero, stiamo rosicando, perché in tutti questi anni non siamo riuscite a fare altrettanto”. “D’altronde – aggiunge – se pensiamo a che punto è lo stato del dibattito su questo tema nei principali partiti di sinistra, un epilogo di questo genere non stupisce”.

In effetti, vista da altre latitudini la presenza di una donna al vertice delle istituzioni è letta come un segno di progresso. “Penso sia un passo avanti per l’Italia, noi ne abbiamo avute già tre di premier, in tutto il mondo è una cosa normale”, spiega una donna inglese. La questione terminologica non riesce proprio a capirla: “Francamente, con tutti i problemi che ci sono, non credo ci si debba mettere a discutere per un articolo”.

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