[‘O Business s’ha da fare] Vaccini? Prima i migranti. Gli italiani possono aspettare. La sinistra li raccomanda. Le associazioni vicine al ministro (Arci & C.) chiedono 400mila dosi per chi vive nei centri d’accoglienza, anche sotto i 50 anni

Vaccini? Per la sinistra prima i migranti. Gli italiani possono aspettare. Dopo i furbetti saltafila, i raccomandati e gli infiltrati a disorientare la campagna vaccinale ci si mettono pure le associazioni pro migranti che premono per avviare un’operazione parallela a quella in corso ma che coinvolga tutti gli ospiti dei centri di accoglienza. Non solo gli operatori sociali che li assistono, ma anche coloro che vivono nei Sai (ex Sprar) e nei Cas.

In prima fila tra i promotori le associazioni vicine al ministro della Salute Roberto Speranza come l’Arci e, per le realtà d’oltralpe, l’Unhcr che si stanno impegnando a chiedere la vaccinazione anticovid a tappeto di tutti gli immigrati che, dopo la quarantena nelle aree apposite, hanno presentato alla prefettura la richiesta per il permesso di soggiorno e attendono risposta. A oggi tra prime istanze di asilo e ricorrenti il numero degli stranieri ospitati a vario titolo è di circa 200 mila. Vale a dire che serviranno almeno 400 mila dosi di siero per ottemperare alla vaccinazione di massa. Considerando inoltre che questa popolazione di stranieri ha un’età inferiore di molto alla cinquantina di anni e valutando i vaccini anti sars-cov-2 a oggi in commercio, dovranno essere reperite somministrazioni di Pfizer o Moderna, consigliate per tali fasce d’età. L’impegno alla vaccinazione degli immigrati è stata esplicitata direttamente come richiesta delle reti aderenti al Tavolo Asilo (Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI), Caritas Italiana, Centro Astalli, Emergency, Intersos, Médecins du Monde, Medici contro la Tortura, Medici per i Diritti Umani (MEDU), Medici Senza Frontiere (MSF), Sanità di Frontiera e Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), che gestiscono anche un grande numero di progetti di accoglienza della rete Sai di cui responsabili sono i comuni e della rete Cas che fa capo invece alle prefetture. Inoltre è stata proprio l’Arci che scrivendo al ministro Speranza si è detta preoccupata «per la salute e la sicurezza di coloro che lavorano nei centri d’accoglienza e dei loro ospiti per questo pensiamo che sia opportuno provvedere al più presto alla loro vaccinazione». Altrettanto una delle maggiori difficoltà segnalate al ministero della Salute è la mancanza di documenti per poter accedere di fatto alle prestazioni offerte dal servizio sanitario pubblico, ma soprattutto in questa fase in cui diventa cruciale la vaccinazione anticovid19. Dal Tis (tavolo immigrazione e salute) si evidenziano le difficoltà per prenotare il vaccino con l’iscrizione su piattaforma regionale tramite il codice fiscale e la tessera sanitaria: «per gli stranieri questo è un ostacolo» scrive il Tis. Certo soprattutto quando si vive in clandestinità, però i prodighi mediatori hanno trovato subito l’escamotage per scavalcare il problema: niente prenotazione, accorciare i tempi usufruendo del ruolo degli assistenti di comunità per favorire la comunicazione, identificare le persone e sottoporle subito a vaccinazione anche prevedendo un’offerta vaccinale attiva in specifici luoghi di aggregazione. Una disparità di trattamento che invece vede, nonni e zii, in paziente attesa.

Pubblicato da edizioni24

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