Un “tesoretto” per i redditi medio bassi. Giorgia Meloni umilia la sinistra sul suo campo

“Il Governo oggi ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa. Abbiamo, inoltre, deciso lo stato di emergenza sull’immigrazione per dare risposte più efficaci e tempestive alla gestione dei flussi”. La sintesi di Giorgia Meloni “fotografa” un Consiglio dei ministri per certi aspetti “storico”, perché oltre a varare misure straordinarie sul fronte immigrazione aggancia con misure concrete la ripresa sancita dai numeri. Con l’approvazione del Def, sul fronte economico il governo Meloni leva alle opposizione il principale argomento politico: i presunti “favori” ai ricchi del centrodestra, anzi, umilia la sinistra proprio varando misure importanti per ridurre le tasse alle fasce più deboli, il suo “storico” terreno elettorale fin dai tempi in cui si parlava (e si dipingevano…) i meno abbienti come proletari.

Il via libera del Consiglio dei ministri al Def 2023, con il taglio del cuneo fiscale di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso a beneficio dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, è una svolta che può rilanciare il polmone produttivo alleggerendo le tasse per le imprese ma a beneficio degli stipendi dei lavoratori. “La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”, afferma il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, commentando il Documento di economia e finanza approvato dal Cdm.

“Gli obiettivi prioritari che ispirano e delineano la politica economica del governo possono essere sintetizzati nel sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini, con nuovi interventi in favore di famiglie (in particolare per quelle numerose sono previste misure anche nella riforma fiscale) e imprese nonché misure destinate a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività del Paese; la sostenibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione di deficit e debito”, si legge in una nota del Mef sul Documento di economia e finanza. Il debito pubblico segnerà 142,1% nel 2023, 141,4 nel 2024 fino a raggiungere il 140,9% nel 2025 e poi calare ulteriormente al 140,4% nel 2026.

“Con questo dato tendenziale, di una crescita dell’1% migliore di quanto previsto anche da alcuni osservatori internazionali, resterebbero all’incirca 3 miliardi in più che saranno destinati alle imprese e al sostegno delle famiglie soprattutto al taglio del cuneo contributivo per incentivare sempre più le imprese ad assumere e per aumentare di fatto il salario che resta al dipendente, soprattutto a quelli più bassi, con cui aumentare la capacità delle famiglie e rilanciare i consumi, spiga il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, nel corso del suo intervento a Porta a Porta.

E Fratelli d’Italia gli fa eco: “Taglio del cuneo fiscale di oltre 3 miliardi, riduzione delle aliquote Irpef, sconti da applicare in bolletta per il contrasto del caro energia. Ecco alcune delle misure introdotte dal Documento di Economia e Finanza del 2023 approvato dal Consiglio dei Ministri. Il Governo Meloni ha le idee chiare per il rilancio della Nazione e l’approvazione del Def ne è l’ennesima prova”, dice Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera.

I numeri del documento, infatti, ci dicono che la crescita c’è ed è migliore rispetto alle aspettative. Inoltre, come già nel 2022, il Def del Governo Meloni punta alla riduzione del rapporto debito/Pil progressivamente nel 2023 fino a raggiungere il 140,4% nel 2026. Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico, attesta che con questo esecutivo si cambia passo: non si fanno i numeri, si realizzano obiettivi”, aggiunge.

E il Pd? Colto di sorpresa dalla manovra “sociale”, quasi di sinistra, balbetta critiche a vanvera: “L’emergenza non è quella dei migranti ma quella di una situazione economica e sociale difficile e di una inflazione che ammazza gli stipendi. Ma il Def approvato dal CdM di questo non parla e ipotizza un Pil programmatico dell’1% nel 2023, dell’1,5 nel 2024, dell’1,3 nel 2025 e dell’1,1 nel ‘26 che danno il senso della totale assenza di ambizioni di politica industriale e di orizzonti economici non legati all’impatto del Pnrr”, dice il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia dopo il Cdm.

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