By Adalberto Signore
Ci si vede venerdì. A ora di pranzo il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi tra Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini. E poi, alle 17, il Consiglio dei ministri che sancirà la ripresa dei lavori post pausa estiva. Sul tavolo le questioni sono diverse, a partire da una legge di bilancio che sulla previdenza allontana ulteriormente le sensibilità di Forza Italia e Lega. Ballano poi le nomine Rai, le tensioni sulla cittadinanza con lo Ius scholae – che resta il principale tema di confronto tra Tajani e Salvini – e pure il disaccordo sul nodo Giustizia, a partire dal dossier carceri.
Fronti tutti italiani, con Palazzo Chigi che da venerdì tornerà invece direttamente in campo su un dossier centrale come la nomina del commissario Ue italiano. Come è noto da tempo, sarà Raffaele Fitto. L’indicazione formale in Consiglio dei ministri – per quanto non prevista dai Trattati europei – avverrà dopodomani. Sul punto non ci sono dubbi, anche se proseguono le interlocuzioni tra Roma e Bruxelles sull’eventualità di portare a casa una vicepresidenza esecutiva. Resta questo, infatti, il vero nodo. Con Ursula von der Leyen che sarebbe ancora indecisa tra assegnare quattro vicepresidenze esecutive (a Francia, Spagna, Italia e Polonia) oppure nessuna. L’incarico in questione, infatti, non è un dettaglio. Perché se «esecutivo» comporta la rappresentanza a tutti gli effetti (compresi quelli giuridici) della presidenza della Commissione Ue e ovviamente un ruolo di gestione delle deleghe dei commissari semplici. Sul punto Palazzo Chigi è in pressing da tempo e pare si respiri un certo ottimismo sulla possibilità di portare a casa un ruolo di peso.
Il nodo sarà definitivamente sciolto a breve, visto che proprio venerdì – giorno del Cdm e del vertice di maggioranza – scade il termine per la presentazione a Bruxelles dei nomi dei candidati commissari. Che, come detto, per l’Italia sarà Fitto. A conferma della davvero incredibile storia di Maglie, piccolo e caratteristico paese del Leccese del medio-basso Salento che conta meno di 14mila abitanti. Ma che nell’ultimo secolo ha dato i natali al cinque volte presidente del Consiglio Aldo Moro, al vicepresidente del Senato Giorgio De Giuseppe (che nel ’92 al primo scrutinio per l’elezione del presidente della Repubblica arrivò a 296 voti), al presidente della regione Puglia Salvatore Fitto, padre di Raffaele, e – formalmente da venerdì – pure a un Commissario europeo (anche lui già governatore della Puglia e poi ministro). Un paese di quattro anime, ma tutte orgogliosamente democristiane.
Peraltro, a netto della consuetudine con von der Leyen e dell’oggettivo peso dell’Italia, Fitto può contare su un altro fattore per ambire alla vicepresidenza esecutiva. Il principale elemento di valutazione è il peso politico del Paese e poi il numero di abitanti (e dunque di europarlamentari espressi). Quindi, davanti a tutti c’è come sempre l’asso franco-tedesco (ma la Germania già esprime von der Leyen) e a seguire Italia, Spagna e Polonia. Con Roma che non nasconde le sue ambizioni, anche puntando sul fatto che Fitto sarebbe un eventuale vicepresidente esecutivo in quota Ecr. Per von der Leyen, insomma, potrebbe essere un modo per «allargare» di fatto la cosiddetta «maggioranza Ursula» e blindarsi. La partita è in corso in queste ore, con le legittime resistenze di Francia (i Liberali di Renew) e Germania (i Socialisti di S&D).
Per gli affari italiani, invece, se tutto va bene se ne parlerà a fine ottobre, dopo il via libera del Parlamento Ue: prima sui singoli commissari e poi sulla Commissione tutta. Solo a quel punto Fitto lascerà formalmente le sue deleghe. Che fanno gola non solo a Lega e Fi, ma pure a diversi esponenti di spicco di FdI.