Ucraina, Orban invoca il ritorno di Trump: “Con lui alla Casa Bianca non ci sarebbe la guerra”

Definisce la sua Ungheria come «un incubatore in cui si provano le politiche conservatrici del futuro». E rivendica a se stesso il merito il merito di aver sconfitto i «progressisti liberali». È un Victor Orban in modalità “fiume in piena” quello intervenuto oggi a Budapest nel corso della Conservative Political Action Conference (Cpac), appuntamento sostenuto dal Partito Repubblicano Usa. Proprio agli esponenti del Gop (Grand old party) si è rivolto il premier magiaro quando ha sottolineato che con Donald Trump ancora alla Casa Bianca non ci sarebbe il conflitto in Ucraina. «Torni signor presidente – ha detto -, renda di nuovo grande l’America e porti la pace». Non è stato l’unico passaggio “forte” dell’intervento di Orban, che ha criticato anche l’«élite globalista» e le politiche di sinistra.

Il primo ministro è ben consapevole di “scandalizzare” i salotti politici dell’Unione Europea, ma non sembra preoccuparsene più di tanto. Anzi. «Non volevamo la fama mondiale – ironizza -, ma l’abbiamo ottenuta dopo aver contraddetto i liberali». Il riferimento è alle politiche in materia di immigrazione da lui adottate sin dal 2015. È da allora, sottolinea, che l’Ungheria è sulla bocca di tutti. Ma per lui è un punto d’onore: «Abbiamo ordinato di fermare l’immigrazione illegale e protetto il nostro Paese». Dopodiché, nel mirino di Orban finiscono «l’ideologia di genere e il movimento woke», da lui considerati «come il comunismo e il marxismo».

L’altro “nemico” è il liberalismo. «I due principali santuari della democrazia moderna, Washington e Bruxelles, restano in mano liberali», constata Orban. Il premier ungherese è tuttavia convinto che la «riconquista» sia  in Europa, come dimostrano – a suo avviso – la vittoria di Giorgia Meloni in Italia, la «buona stella» in Polonia, o le «promettenti elezioni» previste in Spagna, dove già il 28 maggio si voterà per le amministrative e regionali in attesa delle generali di fine anno. Non sono mancate, infine, critiche alla «politica estera progressista», uno dei virus su cui Orban lancia l’allarme. «Affermando di esportare la democrazia – conclude -, sovvertono Paesi» mentre «le rivoluzioni colorate hanno portato a caos, confusione e Nazioni abbandonate».

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