
By Giuseppe Tricarico
Se questa accozzaglia è chiamata a giudicare, noi siamo scienziati della NASA. Accontentiamoli, magari si convincono che ci hanno preso psicologicamente, e si calmano!
“L’uomo nel video non corrisponde ad una figura manipolatrice. I test? Non sono mai stati attendibili”. Qui viene giù il castello di sabbia! E perché secondo lei, un responso così drastico? È stato usato un metro di valutazione più personalistico che professionale. Hanno prevalso i pregiudizi. Si è giudicato con il casellario giudiziario in mano, ignorando quasi del tutto una figura materna devastata sotto tutti i punti di vista! E Moby Dick? Una figura molto ambigua! Non si dovrebbe consentire ad una professionista così compromessa ed ambigua di operare su tematiche così delicate.
A dirlo non sono io, ma un giudice di un tribunale minorile con alle spalle 29 anni di esperienza, pronta a metterci la faccia e smascherare il giaguaro. La storia è quella di Lizzie, una mantenuta (lo sarà a vita) delle pendici del Vesuvio legata, almeno per il passato al Clan Birra di Ercolano, in provincia di Napoli. Legata, perchè la sorella, d’Arco, convolo’ a nozze con uno dei bracci armati del clan. Un matrimonio finito sol perché il pentito è in località protetta. Protetta poi!
L’articolo di Giuseppe Tricarico, già ufficiale dell’Esercito Italiano, firma di punta di ith24.it (A garanzia della verità)
ith24.it querelata per la terza volta, ma secondo i giudici non c’è diffamazione. Lizzie, quando non è tutelata dal sistema, marcio e malato, finisce faccia a terra. Tricarico: “Mai avuto l’onere e l’onore di essere ascoltato, purtroppo. Per loro”. Forse, la paura della verità è tanta. Come i flop della magistratura. Tutte le prove ancora in nostro possesso, quelle che contano.

Le strategie psicologiche da sotto a muro di Moby Dick
Mette da parte l’avvocatessa di Lizzie, e scende in campo in prima persona. Ciò sta a significare una sola cosa: crede di dar fastidio al Capitano. Cerca di generare asti, competizioni. Moby Dick è fuori come un balcone.
L’articolo
E niente, non ce la fanno. Il caso di Lizzie Elly Leyla, la mantenuta usurpatrice ancora innamorata del Capitano, non riesce proprio a toglierselo dalla mente. Lizzie, finita sotto processo per aggressioni ad una insegnante (diserta le udienze) e truffa aggravata a Cremona (udienza fissata per il prossimo mese) è destinato a finire, prossimamente in tv. Precisiamo. Non lo scriviamo sottoforma di pseudo minaccia, quasi volessimo intimorire qualcuno. No. Perché il nostro desiderio sin dall’inizio è sempre stato quello di smascherare un sistema ormai fallito: la scarsa professionalità. Il clientelismo. E ci siamo quasi riusciti. Perché i nodi, ormai, sono al pettine.
Non voglio neppure ipotizzare che la magistratura sostenga l’errore di Moby Dick, no. Non avrebbe senso. Semplicemente si sono affidati a pareri tecnici, strumentalizzati, di parte, senza però visionare tutte le prove. Si va per gradi. Ma qui siamo a quelli di Bolzano: sotto zero.
Lizzie pur di arrivare allo scopo, si è dovuta vendere ad un sistema molto più grande di lei. (Aiuto, aiutatemi). Dopo essersi affiancata al bimbominghia, credendolo il Garibaldi dei due mondi, alla fine si e trovata con un pugno di mosche in mano e un cazzo in culo. Almeno ha goduto. Tutto ciò che aveva ben preventivato il bimbominghia si è sciolto come neve al sole. Del resto a chi poteva fregare se non a Lizzie, mantenuta confusa e fragile, senza un serio supporto psicologico. Difatti si sarebbe affidata a chiunque le avrebbe promesso mari e monti, senza capacità psicologiche e strategiche. Abituata però a concedersi al miglior offerente, non è stato poi cosi difficile. Sfottuta dalla vita, fa la pesca su Instagram. (Ma nel contempo nega tutto e chiede aiuto). Lizzie ha l’arte del portare negativo, sempre. Proprio come i camorristi. Che brutta fine. Dalle stelle alle stalle è stato un attimo, e canta pure Bella Ciao. Lizzie si è sparata da sola nella fessa e non lo sa. Credeva, con l’aiuto di Moby Dick, di fottere il sistema. Andrà a fondo inevitabilmente e, ad aiutarla non troverà più nessuno, tanto meno Moby Dick, figuriamoci i supereroy dalle pistole vere. Anche perché la Procura vuole vederci chiaro, e la lascia fare, finge di credere a Moby Dick, guardando però dal buco della serratura. Le prove sono incontrovertibili. Non montante ad hoc da qualcuno con il casellario giudiziario sporco. Ciò che sin dall’inizio hanno voluto far credere gli ambigui che hanno guardato solo ad un interesse, il loro. Senza I fessi e gli ignoranti i dritti non campassero.
In casa Lizzie, come consueitudine e come raccontano i vicini e alcuni video, che manderemo in onda, inevitabilmente, senza un litigio al giorno non sono contenti. Con cadenza quasi quotidiana, volano statue, offese del tipo: “Puttana, vai a fare i bucchini.. vattene a casa del tuo mantenuto… oltre a sputi e spintoni, il tutto sempre alla presenza di minori. Sembra di stare nei vasci più cupi e bui di via Madonelle, dove a regnare è criminalità, degrado ed ignoranza”. Chi può smentire questo? Nessuno. A casa di Lizzie sembra di tornare indietro negli anni a quando ospitavano boss latitanti affiliati al clan Birra. La risposta è di quelle classiche: non sapevamo chi fosse. Sfido chiunque a non conoscere il passato di un killer che vive a pochi chilometri da casa vostra. E dire che c’è chi ci crede. Si fa per dire.
Ma poi basta un attimo per lasciarsi tutto alle spalle: un tacco, un décolleté e una macchina di turno arrivata come da incanto da Instagram. Maschere pronte all’uso! Lizzie il sabato sera diventa una donna perbene, capace anche di piangere.
Le uscite di Lizzie & Co sono così tante che spesso non ricevono neanche risposta e finiscono per essere ignorate. Lizzie, viene trattata dagli uomini come una vera puttana. Chiamata a proprio piacimento e a seconda della esigenza del fottere. Non poteva essere altrimenti. Ma nella giornata di ieri, Lizzie prende carta penna e calamaio e scrive ad una donna, che noi chiameremo appunto Moby Dick. Definita da più professionisti: “la donna ambigua”. E se ella entra ed esce con giudizi farlocchi e personalistici nella vita degli altri, da informatori lo facciamo anche noi. E, come si dice dalle nostre parti “Il paese è del paesano”: infelice e frustrata, cornificata da Adele, riversa tutta la sua rabbia ed il suo abuso di potere su uomini brillanti, proprio come il Capitano, quasi fosse una ripicca, una rivincita. Una sfida psicologia della prima della classe quando in classe c’è solo lei. Non fosse altro che per competere con il Capitano, ci vogliono 4 paia di palle e una esperienza indefinita sul campo. Sia strategica che psicologica. Ottiene, nel bene o nel male sempre ciò che si prefigge. Doti che Moby Dick si sogna.
E, non aspettando altro, Moby Dick, scrive le ennesime minghiate che non smuovono di un sol millimetro il Capitano, anzi. Scontatissima come le mutande usate al mercato, diventa oggetto di ulteriori risate. Proprio come la reazione che avrà dopo aver letto il mio articolo. Diventa rossa fuoco, occhi a palla fuori dalle palpebre a pesce palla, e sudorazione improvvisa. Altre risate. Qui si ride. Evidente che non ha beninteso che il gioco lo conduce il Capitano. Ma a far paura, è la megalomania di Lizzie. Crede ancora di manipolare il Capitano, facendo arrivare pizzini senza senso come quello di voler trasferirsi in Francia per lavoro. Lizzie ci prova. Ma cade male. Malissimo.
Ecco cosa accade in casa Lizzie
Lizzie, reduce da una testata da parte della sorella d’Arco, finisce con la testa nel mobile (per vero o per finta, forse suggerito dai pluripregiudicati) fanno sì che la casa cui risiedono, pignorata dalla Agenzia delle Entrate, si trasformi (a giorni alterni) in un wrestling. Di solito, questa pastetta veniva usata da Lizzie per commiserare i frequentatori. “Vivo questa situazione di disagio, non ce la faccio più (lacrima sul viso) me ne devo andare. Le mie sorelle mi fanno continui dispetti. Ce l’hanno tutti con me. Aiutami”.
Invece Moby Dick le suggeriva altro: “Preferisco che il mio cucciolo vada in un canile…. anziché…!” Metodi manipolatori e ambigui suggeriti da Moby Dick, donna frustrata, punta ai soli fini istigatori. E quando la volpe non arriva all’uva dice che è acerba. Ecco allora le relazioni farlocche.
Ma torniamo a Lizzie
Lizzie usa a proprio piacimento anche i familiari, pluripregiudicati. Specialmente quando deve commiserarsi davanti ai frequentatori. A vederli poi, senza presunzione alcuna, non sai se chiamare il 118 o Ciao Darwin per la competizione tra sfigati. Sembra la Caritas: beneficenza, sotto a chi tocca.
E li sputtana pure, ad esclusione della mamma (Finge di avere una coscienza, una parte buona, sensibile. Ma ovviamente finge). Come quando per continuare a farsi mantenere, finge di non star bene con la testa. Di essere pazza. D’Arco invece usava un’altra strategia, e cioè quella di buttarsi giù dal balcone. Lizzie è un soggetto con depressione regressa, ha bisogno di cure, non di uomini. Lo scriviamo da anni, ma nessuno ci ascolta. Se non viene curata, fra non molto, potrà nuocere a sé stessa e a chi la circonda. Ma in realtà a nessuno interessa. Tutti pronti a sfogare le proprie gelosie, le proprie angosce, i propri fallimenti attraverso Lizzie. Lizzie divenuta ormai una sorta di cavia umana. Da un lato la famiglia, dall’altra uomini intenti ad abusare di lei. Un po come vedere un uomo a letto con una diversamente abile. Solo che Lizzie la diversità ce l’ha in testa, e quindi l’apparenza inganna.
Tutto il resto è un plaid corto. Soffre di continui attacchi di ansia e tachicardie. Che prima o poi riesce a trasmettere a chiunque le stia vicino. Uomini donne e bambini. I peccati di Lizzie non si contano. Il ritorno della coscienza, in quei pochi minuti di lucidità, la finiscono di affossare, lentamente. Lo dimostra il suo fingersi felice. Spensierata. Lizzie, dentro ha un Vulcano pronto ad eruttare.
Ma torniamo alla pastetta, ben progettata con gli stessi familiari, tutti pluripregiudicati della peggior specie. Ne sanno una più del Diavolo. Diabolici. La loro fissa? Il Dio danaro. Per 10 euro darebbero anche il culo, a maschi compresi. Non è una frase fatta. Lo sanno benissimo i clienti di d’Arco. Reali. Chi può smentirci? Nessuno! A differenza di d’Arco però, Lizzie si vende solo se riesce ad intravedere un mantenimento, una sistemazione. Il quadro perfetto: ragazzo, auto e busta paga. Altrimenti desiste. Difatti provate a vedere con quanta facilità chiude ed apre relazioni. Non soffre. Vuota. Piatta. Questo a significare che Lizzie li sfrutta solo a convenienza. Magari a sentirla parlare: copia frasi sul bene e sull’amore da Facebook ed Instagram. Lizzie conosce bene il fatto suo.
Soldi, soldi, soldi e solo soldi. Parola d’ordine? Quanto mi dai, quando me li dai? Ma Lizzie è furba. Molto più di quanto si immagini. All’inizio di ogni rapporto non lo dimostra. Sotto certi punti di vista si sforza, anche con critiche costruttive, a mantenere un profilo dignitoso. Sa come presentarsi. A volte riesce anche a prendere le distanze dalla stessa famiglia. Cosicché chiama Moby Dick: voglio i soldi. Ma mica lavora? No. Si inventa i corsi di formazione. Chissà questa volta a chi sta buttando il fumo negli occhi! Lizzie non ha tempo da perdere, e dopo la finzione dei corsi si butta su Instagram alla ricerca di polli da spennare. Poliziotti, Carabinieri con la C3, Imprenditori, Farmacisti, tattuatori.. luoghi dove girano soldi e buste paga. Ma anche istruttori di palestra per autodifesa. Su Lizzie gira anche un’altra voce: pare sia Lesbiga, ma non lo accetta. Vive una sorta di guerra interiore. 1) Non lo dichiara perché già vive un disagio familiare, finirebbe per mettete sopra, l’unica alternativa è un uomo che la mantenga. Infatti la prima cosa che fa dopo una fortissima delusione decantata è avvicinarsi ad un altro uomo. Non funziona. Ne trova subito un altro. Lizzie rincorre il mantenimento a tutti i costi. Sarebbe capace di andare avanti così per mesi. Anzi anni. Viceversa si sarebbe dedicata a se stessa. Alla sua costruzione. Altro che corso di formazione professionale. (La cosiddetta polvere negli occhi).
Psicologia? Non serve i crecker, la vita non si insegna, si impara a proprie spese. Lavoro a parte. Chi più del Capitano?! Che sa tutto. Virgole e punti. Quasi ascoltasse e vedesse il futuro.
Ma oggi vogliamo essere buoni, e vogliamo dare un consiglio ai due pluripregiudicati che si ritrovano a gestire un covo di puttane. Il caso di Pavia, può insegnare molto.
Ella, era stufa dei figli “bamboccioni” e li ha cacciati di casa. “Questa casa non è un albergo”. Gli ha ripetuto mille volte l’anziana madre, stanca di vedere i propri figli adulti rincasare a notte tarda, e tutto questo senza nemmeno contribuire alle spese familiari. Parole gridate invano. Chi nasce mantenuta muore mantenuta, c’è poco da fare. Difficile sfrattare due figli adulti. Eppure la casa resta casa e l’albergo resta albergo. E se a pensarlo è anche un giudice, allora per i figli adulti e mantenuti a vita, incapaci di abbandonare il “nido familiare”, le cose si complicano seriamente. E pensare che in casa Lizzie, da poco è ritornata anche la prostituta dichiarata, d’Arco. Oggi sono in 7. Aspettano a braccia aperte anche Cocco Bill. “A letto stretto, stringi e denti e le pacche e coricati in mezzo”.
Torniamo allo sfratto concordato….
Ne sono testimoni due fratelli quarantenni, sbattuti fuori casa dal giudice che li ha obbligati a lasciare l’abitazione materna entro il 18 dicembre. La storia, paradossale, viene da Pavia. Qui, colei che chiameremo Maria, una donna di 75 anni rimasta sola anni fa, ha deciso di fare causa ai due figli rispettivamente di 42 e 40 anni e il tribunale le ha dato ragione. E del resto per lei la situazione era divenuta pesante: nonostante l’età, doveva ancora badare ai due “scapoloni”. A nulla erano valsi i ripetuti inviti a cercarsi una sistemazione autonoma altrove. L’anziana, che certamente non percepisce una pensione d’oro, aveva chiesto più volte ai due figli di aiutarla almeno nel pagamento delle spese domestiche. Tuttavia, entrambi da anni facevano “orecchie da mercante”, fino a quando la signora Anna Maria non ha deciso, appunto, di passare alle vie legali.
Il giudice Simona Caterbi del Tribunale di Pavia, ha valutato che entrambi i figli fossero in età adulta ed entrambi avevano un lavoro che gli permetteva di sostenersi. Nella recentissima sentenza si sottolinea che “se la permanenza nell’immobile agli inizi poteva ritenersi fondata”, in quanto basata “sull’obbligo di mantenimento gravante sulla genitrice, non appare oggi più giustificabile”, considerato il fatto che “i due resistenti sono soggetti ultraquarantenni“. Insomma, possono tranquillamente mantenersi da soli. La casa a Pavia del resto è di proprietà della donna, che vive lì insieme ai suoi due figli dopo la separazione dal marito avvenuta anni fa. Il nucleo familiare, che non ha mai avuto particolari problemi economici ma che non naviga neppure nell’oro, è sempre stato composto da tre componenti. Quando i due figli si sono diplomati, hanno deciso di rimanere con la madre perché non riuscivano a trovare uno sbocco lavorativo. Uno stallo occupazionale durato a lungo. Oggi entrambi hanno un lavoro. Nonostante ciò, però, sono rimasti a vivere nella casa della madre. Ma poi la convivenza è diventata un problema.
Come ha affermato l’avvocato alla quale la 75enne si è rivolta, i due non contribuivano alle spese di casa e nemmeno nelle quotidiane attività di cura e di pulizia. Anzi, avrebbero complicato la vita all’ormai anziana madre rincasando a tarda notte senza rispetto per le regole di casa da lei imposte. Esasperata, la 75enne – come detto – ha deciso di fargli causa pur di vederli fuori dal portone di casa. Una scelta coraggiosa, magari un po’ tardiva per una sana “lezione di vita”. I due 40enni hanno ora tempo poche settimane per “diventare grandi”, lasciare la casa della madre e trovarsi una sistemazione autonoma. Magari una donna che li mantenga, come per fortuna trovarono Lizzie, d’Arco, il Gabibbo e Cocco Bill. Tutte, con matrimoni di fortuna, pur di sfuggire al lavoro. Infatti, ora Lizzie si è inventata i corsi Osa… roba da farci stendere sulle ginocchia dalle risate. Certo.
Se in media, in base ai dati Eurostat 2022, i giovani europei lasciano la casa dei genitori a 26 anni, in Italia lo fanno a 30. Sono solo sei i Paesi dove l’età media di chi va a vivere da solo è ancora maggiore: Croazia (33 anni), Slovacchia (30), Grecia (30), Bulgaria e Spagna (entrambi 30) e Malta (30). Quelli che, invece, lasciano prima la casa dei genitori sono i ragazzi che vivono in Finlandia (21 anni), Svezia e Danimarca (21) ed Estonia (22). Nell’arco degli ultimi 10 anni, comunque, l’età media dei giovani che lasciano la casa dei genitori è aumentata in 14 Paesi dell’Ue, in particolare in Croazia, Grecia e Spagna. Un’ultima curiosità: l’Istituto statistico europeo ha registrato un divario di genere abbastanza netto. In media gli uomini lasciano la casa dei genitori quasi due anni più tardi delle donne. Lizzie, se proprio non riesci a trovare un uomo che ti porti via, ospitalo tu. Da te un posto ci esce sempre….