Torna l’incubo sequestri in acque libiche. La Farnesina avverte i pescherecci: sconfinare lì è a rischio

Ancora pescherecci italiani in acque libiche, dove incombe lo spettro del sequestro: delle imbarcazioni e del pescato. I pescatori italiani tornano in zone ad “alto rischio”, sfidando la sorte e le autorità libiche che hanno già pesantemente messo in atto reazioni risentite e veementi. E quando è ancora vivo, a tre mesi dalla sua conclusione, il ricordo del sequestro di due imbarcazioni da parte delle autorità di Bengasi, con 18 marinai ostaggio per oltre 90 giorni degli uomini di Khalifa Haftar. A quanto apprende l’Adnkronos, dunque, oggi due pescherecci del comparto di Mazara del Vallo sono nuovamente entrati nell’area al largo della Libia segnalata dal Comitato Interministeriale per la Sicurezza dei Trasporti (Ccovist) come “zona ad alto rischio” per tutte le navi battenti bandiera italiana. Senza distinzione di tipologia.

Altri pescherecci in acque libiche ad alto rischio riaccendono l’allarme della Farnesina. Si tratta di una zona dove le autorità libiche potrebbero esercitare azioni di polizia. Come, appunto, il sequestro delle imbarcazioni e del pescato, con la possibilità che gli stessi equipaggi possano essere detenuti per una durata di tempo non prevedibile. Come già avvenuto nei mesi scorsi, con i pescherecci Antartide e Medinea. «Si tratta di una condotta purtroppo non nuova da parte di alcuni pescherecci – trapela da fonti del Ministero degli Esteri – recentemente sconsigliata dall’Unità di Crisi della Farnesina. È stato più volte ricordato, infatti, l’esclusiva responsabilità individuale di chi assume la decisione di recarsi in quelle acque. Così come del datore di lavoro sul quale incombono precisi doveri nei confronti dei propri dipendenti».

Sconfinare in quelle acque è un rischio. Lo hanno dimostrato sulla loro pelle i pescatori sequestrati per oltre 3 mesi e liberati appena tre mesi fa. Eppure, quei pericoli. Quel precedente. Quanto faticosamente arginato fin qui, non sembrano fare da deterrente. Tanto che, fanno sapere fonti che seguono da vicino il dossier, «non è la prima volta che questi pescherecci sconfinano nella zona ad alto rischio. Lo hanno fatto ripetutamente negli ultimi tre mesi. Giungendo in diverse occasioni in prossimità delle coste libiche. E ricevendo dai mezzi aerei della nostra Marina in pattuglia nell’area, moniti inequivocabili ad allontanarsi».

Nelle settimane scorse, gli armatori di oltre 50 pescherecci di Mazara del Valloavevano comunicato in una lettera inviata all’assessorato siciliano all’Agricoltura (mettendo in copia ministero degli Esteri e della Difesa) l’intenzione di riprendere, nella prima decade di aprile, la campagna di pesca al gambero rosso nella Zona di pesca libica. Sollecitando l’assessorato a richiedere il ripristino nella zona delle attività di vigilanza pesca da parte della Marina Militare. E già allora fonti del governo avevano ricordato che per quell’area restava «fortemente sconsigliata» per il rischio di sequestri e di lunghe detenzioni degli equipaggi dei pescherecci. Allarmi e moniti caduti nel nulla. Oggi il nuovo sconfinamento. E la paura che torna ad innalzare i livelli di guardia.

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