Tav, la Cassazione dà torto ai manifestanti: “Le violenze verbali e fisiche non hanno alcun valore morale”

Gli atti di violenza commessi dai No Tav nel corso delle manifestazioni contro la costruzione della nuova ferrovia Torino-Lione in Valle di Susa non meritano l’attenuante del «particolare valore morale o sociale» della protesta. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione(sentenza n. 16149, depositata oggi) nel dichiarare inammissibile il ricorso presentato da cinque attivisti condannati in Appello a Torinonel 2020 per i reati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Il processo riguardava degli scontri con le forze di polizia (cui presero parte un centinaio di persone) che presidiavano il cantiere, con lancio di «oggetti contundenti e materiale pirico».

In uno dei ricorsi, la difesa aveva sostenuto che «il movimento No Tav raccoglie ampio consensonella società civile ed in ampi settori culturali». E che si deve escludere che la «maggioranzaparlamentare, peraltro formata da soggetti eletti con una legge elettorale dichiarata costituzionalmente illegittima, sia rappresentativa del sentimento diffuso dei cittadini». Per questa ragione, i ricorrenti avevano richiesto l’applicazione dell’attenuante, con relativo sconto di pena. La V sezione penale della Cassazione è stata però di avviso diverso. E ha stabilito che i motivi di valore sociale o morale sono solo quelli su cui «si registra un generale consenso». Di conseguenza, non è sufficiente «l’intima convinzione, ancorché da altri condivisa, di perseguire un fine moralmente apprezzabile».

Nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, la Corte ha anche specificato che l’attività dei contestatori degli impianti Tav si caratterizzò come una «ostinatapresa di posizione contro una iniziativa decisa a vantaggio della collettività». «Ai fini del delitto di violenza privata – ha chiarito la Cassazione -, non è richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore. Ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, finalizzato ad ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa».

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