“Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra”. Perché il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha ragione

By Matteo Carnieletto

“La nostra missione non è creare burocrazia, né viverla o vivere per essa. L’Esercito è fatto per prepararsi alla guerra. Punto. Questo deve essere un messaggio chiaro, che bisogna avere in testa. Fino a qualche anno fa era una parola che non potevamo utilizzare, ma oggi la realtà ci ha chiamato a confrontarci con la guerra”. Sono, queste, le parole che il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello, ha pronunciato in occasione dell’Inaugurazione dell’Anno accademico e scolastico degli istituti di formazione dell’Esercito. Parole che, apparentemente, possono sembrare dure ma che descrivono solo la realtà. E non perché il nostro Paese sogni la guerra. Tutt’altro. Ma perché essa, soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, si è avvicinata a noi. Solamente poche settimane fa, del resto, la Commissione europea presentava il report Stronger together, realizzato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinistö, in cui si afferma che l’Europa deve prepararsi al worst case scenario, allo scenario peggiore, che fino a poco tempo fa sembrava imprevisto e imprevedibile. Ma che non lo è più.

Bisogna essere consapevoli che i tempi sono cambiati. Che parlare di guerra non significa volerla. Come sottolinea lo stesso Capo di Sme: “L’Esercito non la vuole. Ci dobbiamo però preparare perché più ci prepareremo, più ci sarà possibilità di avere la pace”. È il vecchio principio romano: se vuoi la pace preparati alla guerra. Mostrati forte affinché gli altri non ti attacchino. Si chiama deterrenza. Del resto, gli analisti sono ormai concordi nel notare che l’attacco russo all’Ucraina non sarebbe stato possibile se l’Occidente non si fosse mostrato debole e impreparato nella sua ritirata dall’Afghanistan. “Un nuovo Vietnam”, per alcuni. In passato, nel 2019, il presidente francese Emmanuel Macron aveva invece parlato di morte cerebrale della Nato. Ed era così, in quei giorni di agosto del 2021. Poi, l’inverno successivo, i carri russi che sfondano da sud e da est contro Kiev. La guerra nel cuore dell’Europa ieri. La guerra attorno ai nostri soldati in Libano, nella missione Unifil: “Sono nei bunker, sono i primi a volere la pace ma sono pronti a fare la guerra”.

E in questa ottica la visione di Masiello, che si basa su tre principi fondamentalivaloriaddestramento tecnologia, è tutto. “Sono mutati gli scenari, il cambiamento culturale è necessario. Tecnologia, addestramento e valori devono ispirare il nostro presente. Perché il nostro futuro dipende proprio da questo, da come affrontiamo il presente. Stimo molto il Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello, Decano dei paracadutisti: ha capacità e visione”, come nota Paola Chiesa, capogruppo di FdI in Commissione difesa alla Camera.

Prosegue nel suo intervento Masiello: “Il tema della formazione è fondamentale per la società e per le Istituzioni e, nel momento particolare che stiamo vivendo, formare e formare bene è un compito particolarmente arduo.

La formazione ha il ruolo abilitante della spinta innovativa necessaria per il cambio culturale indispensabile per superare le sfide dei nuovi paradigmi sul campo, della burocrazia che ci impedisce di andare alla velocità che dobbiamo, della paura di cambiare e sbagliare. Soltanto sbagliando si può crescere”. Soltanto sbagliando ci si può correggere e, quindi, migliorarsi. In una parola: prepararsi. A tutto. Perfino alla guerra (che nessuno vuole).

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