Scuola, è bufera, nulla è certo: ma chi rientra il 7?

Caos rientro a scuola, tutto da rifare: saltano i piani del governo. E probabilmente i nervi della Azzolina. L’unica cosa certa è il rientro il 7 gennaio: ma per quanti studenti non è ancora dato di sapere. L’esecutivo è nel delirio. In base a quanto apprendiamo oggi l’unico dato certo è la riapertura per il 7 gennaio. Ma, scrive la Repubblicaper esempio, con le «classi dimezzate fino al 15 gennaio. L’obiettivo fissato per decreto è ufficialmente saltato».

E la circolare del ministero dell’Istruzione riferisce: «Il prezioso lavoro che avete svolto per rispettare il 75% è, di fatto, rinviato». In tutto questo, il premier Conte insiste a parlare dei ritorno tra i banchi di «almeno il 50%». frenato, tra gli altri, dal viceministro Sileri che tuona: «Sulla scuola non dobbiamo correre»…

Alla faccia del correre… Tra inciampi e stop, la riapertura degli istituti resta un rebus insoluto almeno da settembre. Con un accordo tra Regioni che rischia di andare all’aria. Con governatori che procedono in ordine sparso. Il presidente campano De Luca, non si sa ancora se si defilerà o meno. E con realtà locali come quelle dell’Emilia-Romagna e della Toscana – con il sindaco di Firenze Nardella in testa a tutti – pronte a un rientro al 75% in presenza. Il primo cittadino di Firenze, tra gli altri, ancora nelle ultime ore si è detto pronto per al ritorno in classe, esortando il governo: «Non ci deluda». E poi c’è la variabile Puglia, fin qui autodecisionista non sempre in linea con i dettami dell’esecutivo. Che, in base a quanto riferito appena ieri dal sito del Nuovo Quotidiano di Puglia.it, intenderebbe proseguire con la Dad per qualche altra settimana, almeno per le superiori. «È quanto chiede l’Unsic – registra il sito –. Che ha già raccolto quasi 12.000 firme a sostegno di una petizione con cui si chiede di non riaprire le scuole il 7 gennaio, ma di prolungare la didattica a distanza fino a quando non si saprà con certezza se le feste avranno prodotto altri contagi».

Ma tant’è: il dado sembra tratto. E infatti, ieri durante la conferenza stampa di fine anno, lo stesso premier Conte ha ribadito che il governo vuole ripartire «almeno al 50%». laddove l’avverbio inserito ad hoc mette il condizionale alla questione su cui continuano a riversarsi tensioni del governo e malumore degli studenti. E il ministra Azzolina, cosa ne pensa? Messa all’angolo dal collega rigorista, il Ministro Speranza. Certamente non aiutata dalla “solerzia” a corrente alternata della collega titolare dei Trasporti, Paola De Micheli, la ministra dell’istruzione continua a perseguire due coordinate di riferimento: non bruciarsi politicamente. E non rfestare l’unica col cerino in mano. Così, nella sua corsa a ostacoli, prova a raggiungere il traguardo del rientro in presenza al 75%. Salvo poi dover innescare al retromarcia dopo l’ultimo Dpcm. e sostenere di partire al 50% con l’obiettivo di arrivare al fatidico 75%.

In tutto questo, interviene a gamba testa anche il viceministro Sileri. Che sulla scuola, bollettino sanitario alla mano, avverte: «Dobbiamo continuare a monitorare. Credo che vi sarà una risalita dei casi a partire dalla seconda settimana di gennaio. Dobbiamo essere pronti a fare dei passi indietro nel caso il virus rialzasse la testa. La scuola è un ambiente sicuro, va reso sicuro anche tutto ciò che circonda la scuola. Una cosa è certa, non dobbiamo correre da questo punto di vista. L’unica cosa per cui dobbiamo correre è il vaccino quando arriverà». Asserendo questo ai microfoni de L’Italia s’è desta, su Radio Cusano Campus, il viceministro alla Salute, rimescola le carte. Mischiando i mazzi “didattica in presenza nelle scuole” e “rischio di una terza ondata” dell’epidemia. E la via d’uscita sembra allontanarsi ancora una volta.

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