Sciopero del 29 novembre, Matteo Salvini spiana Landini: “Ma chi vuoi prendere in giro?”

“Con questo governo oltre 940 scioperi in 25 mesi. Chi vuole prendere in giro?“. Nuovo capitolo dello scontro tra Matteo Salvini Maurizio Landini. Il segretario della Cgil e il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri avevano indetto uno sciopero generale per la giornata di venerdì 29 novembre. SI tratta dell’ennesimo giorno in cui i sindacati decidono di fermare il Paese per boicottare il governo e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ma il vicepremier ha subito risposto. Come? Firmando la precettazione. In pratica, lo sciopero non è stato cancellato, ma ridotto: da 8 a 4 ore.

“In 25 mesi di governo – aveva scritto su Facebook il segretario della Lega – 1342 scioperi proclamati e 949 effettuati, 38 al mese, più di uno sciopero al giorno. Esiste il diritto allo sciopero per i sindacati, esiste anche il diritto alla mobilità, alla salute e al lavoro di tutti gli altri italiani. Ridurre da 8 a 4 ore la mobilitazione di questo venerdì: la richiesta del Garante è chiara. Se necessario – aveva aggiunto Salvini -, andremo fino in fondo attuando la precettazione”. Circostanza che poi si è verificata.

“Il ministro Salvini ancora una volta attacca il diritto di sciopero“, quello di venerdì 29 novembre “è il primo sciopero generale che proclamiamo quest’anno. Il problema vero è tutelare i cittadini da Salvini”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a Il cavallo e la torre su Rai 3, a proposito della precettazione. “È un po’ ossessionato“, aggiunge rimarcando che “è il primo sciopero generale che noi proclamiamo; se vuole, e lo stiamo chiedendo da tempo, si faccia una legge sulla rappresentanza. Il punto vero non è contare gli scioperi ma capire perché le persone arrivano a scioperare”, che significa “rimetterci un giorno di stipendio. Noi scendiamo in piazza per risolvere i problemi delle persone e per dare le risposte che il governo non sta dando, tantomeno il ministro”, prosegue il leader della Cgil, rilanciando “il rischio di una svolta autoritaria del governo”.

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