Definì Matteo Salvini “ministro della mala vita”. E ora Roberto Saviano finirà a processo. Lo ha comunicato lo stesso scrittore, dicendosi “fiero” di andare davanti a un giudice a motivo di quell’espressione da lui riservata al leader leghista. “Credi che io possa avere paura di te? Buffone“, aveva affermato il saggista campano in un video pubblicato sui social nel 2018, dopo che l’allora ministro degli Interni aveva paventato valutazioni sul mantenimento della sua scorta. “Salvini oggi è definibile ministro della malavita”, aveva poi aggiunto, beccandosi una querela da parte dell’esponente politico.
“Il primo febbraio sarò in Tribunale, a Roma, portato a processo per un reato d’opinione da Matteo Salvini. Fiero di difendermi dall’orrore di questa politica populista“, ha ora fatto sapere Saviano sui social, lasciando trasparire un certo vittimismo. Lo stesso atteggiamento scelto dallo scrittore per affrontare il processo per diffamazione per quel “bastardi” riferito in tv a Giorgia Melon e allo stesso leader leghista. In questo caso è stato proprio Roberto a informare i propri lettori delle imminenti vicissitudini giudiziarie che nuovamente lo vedranno contrapposto all’attuale ministro dei Trasporti.
“Salvini mi porta a processo per averlo definito Ministro della Mala Vita. Piacerebbe, a Salvini, poter dire: ‘querelo Saviano che mi ha definito malavitoso’, ma la questione è un tantino più complessa”, ha scritto Saviano, facendo partire così l’autodifesa. “Gaetano Salvemini definì Giovanni Giolitti ‘ministro della Mala Vita’ perché utilizzava il Sud Italia come bacino di voti dimenticandolo una volta vinte le elezioni e soprattutto perché sottovalutava e ignorava i problemi più gravi e atavici da cui il Sud era (ed è) afflitto”, si è giustificato Saviano, accusando Salvini di non essersi occupato dei reali problemi del Meridione: “nel 2019, durante la sua prima conferenza stampa in città da Ministro degli Interni, disse che i problemi di Napoli erano i troppi motorini sequestrati e tenuti nei depositi comunali e gli immigrati”.
Anche in questo caso, prima il saggista si è lasciato andare a espressioni sferzanti (per usare un eufemismo) e solo poi – una volta trascinato in tribunale – ha spiegato come le sue parole si sarebbero dovute interpretare. “Qualcuno teme i professionisti dell’antimafia, peggio sono gli incompetenti in ruoli apicali”, ha concluso Saviano. Ma l’arringa social del saggista non ha convinto tutti, in particolare per quel riferimento alla politica populista. “Politica? Cosa c’entra? Lei è stato querelato non per le sue idee ma per i suoi toni. Affronti il giudizio con onore e rispetto”, ha commentato ad esempio un utente.