Referendum giustizia: i 6 quesiti, dal Csm alla responsabilità dei magistrati. Guardiamoli insieme

Elezioni del Csm; responsabilità diretta dei magistrati; equa valutazione dei magistrati; separazione delle carriere dei magistrati; limiti agli abusi della custodia cautelare; abolizione del decreto Severino. Sono sei i referendum sulla giustizia presentati da Radicali e Lega. Secondo Matteo Salvinidovrebbero rappresentare una «dote» al governo, ma per ora hanno rappresentato solo l’apertura di un nuovo terreno di scontro in seno alla maggioranza con le ripercussioni più forti all’interno del Pd. La raccolta delle firme inizierà il 2 luglio, con un obiettivo ambizioso: arrivare a quota un milione di sottoscrizioni, ovvero il doppio di quelle necessarie per la presentazione. Ma, al di là dei titoli, cosa chiedono i referendum sulla giustizia?

Il quesito referendario vuole abrogare il vincolo delle firme per la candidatura di un magistrato al Csm. Oggi ne servono tra le 25 e le 50. L’eliminazione di questo passaggio punta a permettere a tutti i magistrati di candidarsi, «senza dover sottostare al condizionamento delle correnti», hanno spiegato i promotori, facendo riferimento al “caso Palamara”.

Il quesito vuole introdurre la possibilità di chiamare in giudizio il magistrato, qualora il cittadino  riconosca nella sua condotta una lesione dei propri diritti. Attualmente, invece, il cittadino che si ritiene danneggiato può solo fare causa allo Stato, il quale eventualmente si rifarà sul magistrato.

Il quesito vuole introdurre il principio per cui il magistrato, una volta scelta a inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, non possa più passare all’altra. Oggi, invece, tra le due funzioni non esiste alcuna separazione e i magistrati della pubblica accusa possono passare al ruolo di giudici e viceversa senza vincoli.

quesito chiede di abolire l’automatismo inserito dalla cosiddetta legge Severino tra le condanne per alcune specifiche ipotesi di reato e l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza che ne consegue. La proposta è di lasciare al giudice la decisione, caso per caso, se comminare, oltre alla sanzione penale, anche la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e per quanto tempo.

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