
A dar retta all’Huffington Post, che vi dedica un servizio molto informato, pare che il quando e il quanto del Recovery Fund siano ancora in altro mare. La disputa sui soldi più amati dal governo italiano è tutta interna ai complicati meccanismi Ue. Da una parte vi sono gliStati membri, riuniti nel Consiglio europeo sotto le presidenza (di turno) tedesca; dall’altro la delegazione delParlamento di Strasburgo.
La scadenza per licenziare il Piano sarebbe fissata per fine ottobre, ma i bene informati dicono che sarà già un mezzo miracolo se il disco verde arriverà a metà novembre. C’è un giro complicatissimo di risorse che entrano ed escono dal bilancio pluriennale della Ue, ma soprattutto c’è il muro eretto dai Paesi “frugali” (Austria, Olanda, Svezia e Finlandia).
Il loro pressing sulla Merkel è asfissiante: non vogliono perdere neppure un euro. Anche a costo di mandare per aria il Recovery Fund. Per il governo italiano, lo scenario che va profilandosi è da incubo. Conte e i suoi hanno puntato molto sulle risorse di quel Piano: ben 15 dei 39 miliardi impegnati nella manovraper il 2021. È il motivo per il quale hanno sdegnosamente rifiutato i 36 miliardi del Mes di cui 18 disponibili subito. Ancora stamane, nel corso di un’informativa alla Camera, il premierha esortato a fare presto. «Avviare il Recovery Fund – ha detto – è un obbligo morale».
Ma le chiacchiere stanno a zero. A Bruxelles, infatti, fanno notare che in Consiglio non è ancora iniziata la necessaria procedura di ratifica. Che non è né semplice né scontata. Prima, infatti, il Consiglio deve approvare all’unanimità la parte sull’introduzione delle risorse proprie per poi sottoporla alla ratifica da parte dei vari parlamenti nazionali dell’Ue. Passaggi che rendono difficile rispettare la previsione di gennaio come data di avvio del Piano. È il motivo per il quale Conte avrà accolto come manna dal cielo le parole di Christine Lagarde, presidente della Bce: «Far partire subito il Recovery Fund – ha detto – è cruciale».