Puniti gli studenti che misero Meloni e Valditara a testa in giù. E hanno pure il coraggio di parlare: “Ci umiliano”

Punizione esemplare per gli studenti che a Milano avevano esposto fuori dal Liceo Carducci i cartonati del premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a testa in giù. Dieci giorni di sospensione e 18 ore suddivise in educazione civica e attività socialmente utili. A dare notizia dell’iter che ha portato l’istituto a stabilire questa punizione è un comunicato del collettivo della scuola Mille Papaveri Rossi. Che però frignano:  secondo gli studenti qualcosa è sfuggito di mano nell’applicazione delle sanzioni. Secondo il collettivo i lavori svolti dagli studenti si svolgono in un clima “umiliante”. Si lamentano pure.

Parole che il preside del liceo Andrea Di Mario respinge al mittente. “Smentisco, sono state scritte falsità – afferma – l’idea dei ragazzi umiliati pubblicamente non sta né in cielo né in terra. Sono disgustato, non ci sono state umiliazioni, non siamo in una scuola della Corea del Nord”. Ricordiamo tutti quando, il 4 marzo scorso, lo striscione vergognoso venne esposto. La scuola ha avviato effettivamente le sanzioni il 20 marzo. E ora, dopo alcuni giorni, il collettivo  ‘Mille Papaveri Rossi’, ha diffuso una circolare in cui contesta queste punizioni. In particolare- riporta Today.it –  viene citato quanto avvenuto il 22 marzo: una studentessa è stata “costretta a trasportare a mano, per due rampe di scale e una discesa, in uno scatolone, più di un centinaio di componenti di vecchi computer; poi vecchie mattonelle dentro i secchi per una discesa non asfaltata; infine alcuni sacchi di spazzatura”. Viene da ridere, non sembra la fine del mondo. Cosa intendevano per lavori socialmente utili? Una vacanza premio?  La lamentazione riguarderebbe il fatto che, secondo il personale non docente che sorvegliava la studentessa, si trattava di mansioni da tempo posticipate. E allora?

Il 24 marzo un altro episodio avrebbe suscitato le ire funeste del collettivo: alcuni studenti dovevano dipingere di bianco i muri dell’istituto, coprendo scritte e disegni accumulati negli anni. La vernice, però, non era abbastanza opaca, dunque si è trattato di un lavoro sostanzialmente poco utile. “Ma, più grave, secondo il collettivo, i docenti di passaggio si sono messi a fare commenti in modo derisorio; e hanno assecondato i passanti che, invece, “insultavano apertamente i responsabili”. Ciò viene definito senza mezzi termini un “clima di umiliazione”. Che esagerazione. “Il Liceo Classico Statale “Giosuè Carducci” di Milano – scrisse in una circolare indirizzata a studenti, genitori e docenti e pubblicata sul sito della scuola il preside- è da sempre e sempre più uno spazio plurimo, aperto, pacifico: democratico! Oggi abbiamo ricevuto un danno, doloroso, rispetto a tutto quello che in questa scuola si sta facendo. E non vogliamo che i nostri studenti siano vittima di un circuito, banale, che banalizza la stessa lettura della realtà”.

Gli studenti hanno poca da lamentarsi. Non hanno dimestichezza col termine “punizione”. Abituati probabilmente ad un clima di sostanziale impunità, vivono in maniera inconsapevole la gravità della loro “bravata”. Per fortuna il preside ha mantenuto il punto. Il collettivo ha inviato una circolare tentando di assolvere gli studenti puniti:  “Non abbiamo intenzione di propinare una posizione ideologica sui fatti accaduti il 4 marzo”, scrive il collettivo: “Vogliamo ricordare che i protagonisti di tutto questo sono studenti e studentesse del nostro istituto. Hanno diritto alla stessa dignità di tutti gli altri studenti, nonostante ci si consideri favorevoli o meno al loro gesto”. Appartenere allo stesso istituto non c’entra nulla. Se ne facciano una ragione, chi commette azioni scorrette – per usare un eufemismo- deve rassegnarsi, il rischio è una punizione. E la pari dignità con chi non ha commesso scorrettezze non è un argomento credibile.

Pubblicato da edizioni24

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