Perché i migranti sono un business non sottovalutato dai perbenisti in giacca e cravatta?

La scoperta della rete per lo sfruttamento dei migranti che coinvolge una società agricola amministrata dalla moglie di Michele Di Bari, responsabile del Dipartimento Immigrazione del ministero degli Interni è un caso politicamente abnorme.

E ci fa capire di quali coperture godano gli sporchissimi affari improntati ad un umanitarismo spicciolo e ad un’idea di accoglienza assai pelosa. Affari capaci di metter d’accordo politici di sinistra, preti progressisti e spregiudicati uomini d’affari.

Un’associazione a delinquere politicamente corretta e consapevole che i «migranti rendono più della droga». Non a caso uno dei precedenti più simile al caso venuto alla luce ieri riguardava Luca Odevaine. Ex componente del «Tavolo di coordinamento nazionale sui migranti» del Viminale ed ex braccio destro di Walter Veltroni al Comune di Roma,

Odevaine è stato condannato sia nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, sia in quella sugli appalti per la gestione del Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo. Prima della chiusura, imposta nel 2019 dal ministro degli Interni Matteo Salvini, il Cara di Mineo era – con i suoi 2500 migranti – il più grande centro d’accoglienza d’Europa. Una fonte di reddito inesauribile non solo per Odevaine, ma per tanti altri esponenti politici. Un altro precedente esemplare è venuto alla luce in quel di Locri grazie alle inchieste che si sono concluse con la condanna a 13 anni dell’ex sindaco Mimmo Lucano. Per i radical chic nostrani e la gauche caviar internazionale, quel sindaco rappresentava un’autentica icona. Le sue gesta ispirarono un film di Wim Wenders e gli garantirono le lodi di Fortune la rivista che nel 2016 lo piazzò al 40mo posto nella classifica dei migliori sindaci del mondo.

Eppure dietro tanta fama si nascondeva, secondo i giudici, un’intensa attività criminale spaziata dalla truffe al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lucano oltre a falsificare sistematicamente i rendiconti riuscì a distrarre 2,4 milioni di euro per l’acquisto e l’arredo di tre case e frantoi. Senza contare quei «prelievi in contanti» per più di 531mila euro serviti, tra l’altro, a finanziare un viaggio di piacere in Argentina.

A molti preti sostenitori dell’accoglienza indiscriminata non è andata meglio. A Bergamo un’inchiesta della magistratura, chiusasi a metà 2020, ha visto indagati per truffa e altri reati preti e sacerdoti considerati, fino a quel momento, i paladini del buon cuore.

A guidare le operazioni c’era Don Claudio Visconti, uno stimato ex-direttore della Caritas di Bergamo che invece dei pani e dei pesci preferiva moltiplicare i rimborsi richiesti alla prefettura per i servizi resi ai «fratelli» migranti. Un’attività assai remunerativa condotta grazie all’apporto di varie organizzazioni capeggiate, tra gli altri, da padre Antonio Zanotti, il fondatore della Cooperativa «Rinnovamento» accusato, nel 2018, di violenza sessuale su un migrante minorenne. Il tutto sotto gli occhi stupiti del sindaco progressista Giorgio Gori che, a Natale 2019, aveva premiato con una medaglia d’oro per la benemerenza e l’impegno a favore degli immigrati il Superiore del Patronato San Vincenzo don Davide Rota finito indagato per sfruttamento del lavoro degli stranieri. «Noi li vediamo – aveva detto Gori consegnando la medaglia a don Davide Rota – come stelle nel cielo della nostra città…come comete che ci invitano a metterci in cammino con fiducia e buona volontà».

Comete che, caduto il velo del buonismo, si sono rivelate grigie stelle cadenti.

Pubblicato da edizioni24

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