Pd, Letta ammette gli errori: “Mai più governi di unità nazionale”. E sul simbolo: “Non si cambi”

Promette una direzione nazionale che «parla al futuro» Enrico Letta, ma è il primo a sapere che sull’assise il passato pesa come e più di un macigno. È il motivo per cui ricorda che «la prima vita del Pd è stata di opposizione». Erano gli anni del governo Berlusconi. «Da quella esperienza – rivendica Letta – è nata la capacità pugnace del nostro partito». Era prevedibile che in un forza politica fiaccata dalla sconfitta elettorale, recuperarne l’autostima perduta è un imperativo categorico. Ma non basta. C’è anche da difendere una scelta, quella di andare da soli a fronte di un centrodestra unito. Ma sul punto il segretario dem ha una lettura alternativa: «C’è solo un partito che ha vinto le elezioni, Fratelli d’Italia. Per il resto sono state raccontate delle bugie». Come si dice: mal comune, mezzo gaudio

Si ricomincia, dunque, dall’opposizione perché – sottolinea Letta – «il mandato che ci ha dato il voto è quello di essere la guida dell’opposizione». Ma la scadenza più ravvicinata è quella del congresso, che dovrà essere «costituente», ma senza stravolgimenti sul simbolo («lo amo»). Nelle sue intenzioni dovrà servire a dare «una forte legittimazione a un nuovo gruppo dirigente». Letta immagina un passaggio di generazione «per sfidare il governo Meloni, guidato da una donna giovane anche se ha alle spalle una lunga vita politica». Un processo che guiderà in prima persona, restando però neutraletra i candidati.

Quanto ai tempi, puntualizza, «servono quelli giusti». Per poi aggiungere: «Non deve essere né un X Factor sul miglior segretario da fare in 40 giorni né un congresso che rinvia alle calende greche». Resta il pericolo di un Pd che si piange addosso. «Se qualcuno avesse in testa un referendum su Conte o Calenda, la storia del Pd sarebbe già di declino», avverte il segretario. Che fa mea colpa sul fallimento sulle donne mentre annuncia un sit indavanti all’ambasciata dell’Iranper il prossimo 13 ottobre.

E, infine, il governo che verrà. «Lo giudicheremo per quello che farà», assicura Letta, contraddicendosi un secondo dopo quando accenna a un misterioso «venir  meno rispetto alle tante promesse di campagna elettorale». Ma tant’è: il segretario scommette su una luna di miele «non infinita» tra la Meloni e gli italiani. Di più, a dargli retta il governo sarebbe già in difficoltà: «Fanno più notizia i no che riceve piuttosto che le liste di attesa e la ressa per entrare». Comunque sia, «quando questo governo cadrà, noi chiederemo le elezioni anticipate. Noi – conclude –saremo nettamente alternativi a questa destra».

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