Patronati della Cgil all’estero: spuntano anomalie. Dubbi sui “riconteggi” per ottenere finanziamenti

By Stefano Zurlo

Una relazione esplosiva del 2016. Un testo inviato al Senato che illuminava il mondo dei patronati all’estero. E denunciava diffusi casi di malcostume: «Pratiche con mandato di patrocinio irregolare o prive di mandato di patrocinio o con documentazione mancante o insufficiente». Sono passati otto anni e poco o nulla sarebbe cambiato. Il programma di Massimo Gilett, Lo stato delle cose, va a New York al patronato Inca della Cgil e si imbatte in ventaglio di anomale che verranno raccontate nella puntata in onda domani sera, alle 21.20.

Alessio Lasta, l’autore dell’inchiesta, documenta sprechi, farraginosità e pasticci, in un clima generale di controlli inadeguati. È un elemento intuitivo: è più difficile tenere sotto controllo i dossier che vengono confezionati negli Usa o a Buenos Aires, dove vivono importantissime comunità di nostri connazionali, rispetto a quelli lavorati a Alessandria o Latina.

È esattamente il problema sottolineato, fra allarmi e alert, nel documento approvato dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero e inviato a suo tempo a Palazzo Madama. «Gli elementi emersi – si legge in quelle pagine disponibili sul sito di Palazzo Madama – suggeriscono di prendere in considerazione la necessità di approfondire i risultati della presente indagine e ci inducono a ritenere urgente e non rinviabile la costituzione, in collaborazione con la Commissione lavoro, di un Comitato ristretto volto alla elaborazione di una proposta legislativa di riforma dei patronati». Che cosa è accaduto da allora? La risposta sconcertante, è una sola: nulla. La possibile riforma langue in qualche cassetto e ogni tentativo di razionalizzare e migliorare il servizio offerto dai patronati nei cinque continenti e fallito o è stato insabbiato.

Forse, per sciatteria. Forse, per dimenticanza. Forse, perché il sistema va bene così. Anche se dovrebbe essere svecchiato e reso più trasparente, con prevedibile riduzione dei costi a carico del contribuente.

E invece no, si va avanti così, o almeno questo salta fuori dall’inchiesta che verrà trasmessa domani sera e commentata da Giletti.

Il meccanismo è semplice: più pratiche trattate portano punti al patronato che le svolge e i punti garantiscono l’aumento dei finanziamenti. Si tratta di contributi sempre erogati correttamente? L’indagine ruota in sostanza intorno a questa domanda, riprendendo le sempre attuali osservazioni elaborate dal Comitato otto anni fa. Fra l’altro, il Comitato mette in evidenza una criticità, talvolta un trucco, per aumentare i compensi degli operatori: la cosiddetta «doppia statisticazione» delle pratiche, per esempio per avere la pensione. Un tizio va al patronato prima di chiudere la propria vita lavorativa, così da approfondire la propria situazione; poi magari torna, dopo qualche anno, per un aggiornamento e viene conteggiato due volte, giusto modificando qualche dato. In questo modo le cifre vengono gonfiate e gli importi si fanno più consistenti.

Tutto questo può anche essere il frutto della disattenzione, ma il fatto preoccupante, sull’altro versante, è la scarsità dei controlli che dovrebbero essere molto più capillari e non sono certo favoriti – almeno negli anni presi in esame dal comitato – dalla mancata digitalizzazione e dalla presenza di apparati ancora cartacei. Troppo poche ispezioni. Ma quelle avvenute hanno portato spesso ad una revisione al ribasso dei punteggi ottenuti dai patronati. «Solamente negli anni e nelle sedi – osserva la relazione – dove c’è stata un’ispezione c’è stata una riduzione, a volte consistente, del punteggio». Un malfunzionamento scoperchiato nel 2016 ma tutto, o quasi, è rimasto come allora Anche all’Inca della Cgil di New York (una delle 99 sedi del patronato presenti in 26 Paesi) sono affiorate presunte irregolarità e opacità. Si aspetta la replica di Maurizio Landini che è stato invitato da Giletti in studio.

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