“Passato fascista”. Anche la stampa straniera è a corto di proposte, ossessionata dalla Meloni, sogna Mussolini

Niente da fare, non se ne fanno un ragione. I detrattori di Giorgia Meloni hanno un pensiero ricorrente, quasi ossessivo: quello del fascismo in Italia. Inutile spiegare loro che la Storia non viaggia mai in retromarcia e che certe strane fissazioni sono state ampiamente superate dai fatti. Quando di mezzo c’è la leader di Fratelli d’Italia, la lucidità e l’obiettività di alcuni osservatori sembrano venir meno. Tale effetto risulta ulteriormente amplificato quando il nostro presidente del consiglio viene raccontato da certa stampa straniera, talvolta con una buona dose di approssimazione.

Alla vigilia del voto, ricorderete, alcuni quotidiani esteri avevano gettato discredito sulla Meloni evocando lombra di Mussolini sulle urne. Tutte fantasie poi smentite poi dal largo consenso attribuito alla leader di Fratelli d’Italia. Chi sperava lo spauracchio del fascismo fosse abbandonato dopo le elezioni, tuttavia, è rimasto deluso. Nelle scorse ore, sul magazine statunitense Foreign Policy è comparso un articolo dal titolo emblematico: “Perché Giorgia Meloni non prende le distanze dal passato fascista italiano”. Non una domanda, ma un’affermazione: giusto per capire il tenore ideologico del pezzo. La discutibile tesi di fondo dell’autore – un freelance italiano – è che il Msi fosse un partito “neofascista” e che quindi il premier avrebbe dovuto condannarlo senza se e senza ma.

“La Meloni, nominata nell’ottobre 2022, è il primo primo ministro italiano con un passato in un’organizzazione neofascista: da adolescente era un’attivista del Movimento Sociale Italiano, un movimento neofascista ora dissolto che era apertamente apologetico sul regime del dittatore Benito Mussolini”, si legge nel pezzo. E qui si incappa nella prima grande approssimazione, probabilmente destinata a non essere colta dai lettori stranieri. Il Msi è stato infatti un partito incluso nelle dimaniche democratiche del Paese, al punto da aver preso parte alle elezioni di presidenti della Repubblica. Meloni avrebbe forse dovuto rinnegare il dato storico pur di fugare i pregiudizi dei suoi avversari sul suo attuale governo?

Nel pezzo Foreign Policy viene tratteggiatauna presunta contraddizione tra la visita del premier al ghetto ebraico e la mancata condanna del Msi. “I due episodi incapsulano la strategia di comunicazione astuta ma alla fine fuorviante della Meloni: piuttosto che prendere le distanze dal suo passato neofascista, come alcune persone avrebbero potuto aspettarsi, sta cercando di distanziare il suo passato neofascista dal fascismo stesso”, si legge sul magazine americano. E anche qui ci permettiamo di evidenziare quello che riteniamo un errore di fondo. O meglio, un presupposto fallace nel ragionamento. La tesi servita al pubblico straniero, infatti, parte dall’assunto che Meloni debba per forza prendere le distanze dal passato, quando in realtà lei stessa rappresenta già le evoluzioni in positivo della destra italiana.

Eppure, gli anti-Giorgia non ne vogliono sapere. Pretendono, in sostanza, che la leader Fdi cancelli la Storia di chi l’ha preceduta, a cominciare da Giorgio Almirante. E così l’articolo di Foreign Policy arriva a tratteggiare i presunti motivi dell’atteggiamento contestato alla Meloni. Primo: secondo l’autore, “il passato di Meloni da pupilla di Fini non è spendibile”, in quanto l’ex presidente della Camera sarebbe “considerato un traditore perché ha cercato di superare il neofascismo”. Secondo: Meloni vuole presentarsi come coerente con il passato. Terzo: “il revanscismo e l’idea che un gruppo che si percepisce come ingiustamente emarginato possa finalmente far sentire la sua voce”.

I ragionamenti, per quanto faziosi, sono da emicrania. Le critiche a chi governa sono legittime, ci mancherebbe, ma in questi casi sembra di assistere a processi alle intenzioni sempre uguali a se stessi. A non aver fatto pace con la Storia, forse, sono più che altro alcuni pertinaci detrattori.

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