Pasquino umilia Di Maio: “È un vero miracolato. Per qualsiasi cosa fa feste esagerate”, non ha proprio idea di cosa sia la politica

Una convivenza inevitabile, rilanciata con un’enfasi “balneare”. E che è «in corso da tempo al governo nazionale e in molte realtà territoriali, forse un po’ trascurate perché sancite in comuni che non hanno una grande visibilità». In termini spicci, secondo Gianfranco Pasquino, all’apertura di Luigi Di Maio verso il Pd è stato dato un rilievo “esagerato”. «Va bene che ora la base l’ha ratificata con un voto – aggiunge il professore emerito di Scienza politica dell’Università di Bologna in un ‘intervista all’Adnkronos – ma i vertici del M5S è da tempo che la stanno praticando. Io questa svolta epocale non la vedo».

«L’enfasi che è stata data all’intervista di Di Maio è esagerata, perché ha riproposto qualcosa che c’è già. Il fatto che adesso questa impostazione politica sia stata ratificata dalla base, può rendere contenti i dirigenti del Movimento. E in particolare quelli che, dalla partecipazione del M5S al governo, avevano tratto dei vantaggi personali. Da questo punto di vista direi che Di Maio è un vero miracolato»,

sottolinea ancora Pasquino. «Sarebbe bene ricordare che qualsiasi cosa abbia finora fatto Di Maio, l’abbia sempre cavalcata e calcata in maniera esagerata»,  è l’analisi del politologo. «Basti ricordare i festeggiamenti sul balcone di palazzo Chigi, quando, con l’approvazione del Reddito di cittadinanza, annunciò solennemente che la povertà era stata sconfitta. L’uomo ha una certa tendenza ha esagerare i suoi successi e a sottovalutare del resto anche i suoi molti insuccessi».

«Dopo di che – osserva ancora Pasquino – che riesca lui a riconquistare la guida del movimento, la considero un’ipotesi piuttosto azzardata. Sottolineo sempre l’esigenza, al momento piuttosto trascurata all’interno del M5S, della necessità di un’elaborazione culturale e politica. Di Maio non mi pare all’altezza di imprimere una svolta pratica e credibile alle enunciazioni teoriche sue e del M55».

Di conseguenza le parole del ministro ed ex leader del movimento e le reazioni favorevoli dei vertici democratici, altro non sono che «la presa d’atto che, se il Pd e il M5s vogliono continuare a governare insieme a livello nazionale, e in futuro tentare di conquistare l’amministrazione di regioni e città, debbono fare i conti con una convergenza d’interessi politici al momento priva di alternative».

«Tutti sanno che all’interno del M5s ci sia una componente di  “sinistra”, di elettori che venivano da sinistra e che avevano abbandonato il Pd. Quindi la “svolta” di Di Maio è contenuta, e in qualche modo orientata, dalla natura stessa e dalla composizione elettorale dei cinquestelle. Di Maio ha dato una risposta a una parte dell’elettorato. Bisogna vedere come la parte di destra, o quella parte che non è né di destra né di sinistra, accoglierà la svolta».

E ancora: «Il Pd ha assolutamente bisogno del M5S, non ne può fare a meno ma non ha senso parlare di un’alleanza ‘organica», tra le due forze politiche.

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