Ora il Vaticano punta il dito contro Orlandi e il suo legale: “Chiediamo prove, ma si tirano indietro. C’è da pensare male”

“Incontro-lampo dell’avvocato Laura Sgrò con il Promotore di Giustizia del Vaticano Alessandro Diddi: la mattina di sabato 15 aprile la legale della famiglia Orlandi si è recata in Vaticano dov’era stata convocata in qualità di testimone per riferire in merito alle fonti delle informazioni riguardanti Giovanni Paolo II e più in generale sul caso della ragazza scomparsa”. Lo riporta il sito Vatican news, descrivendo uno scenario completamente ribaltato rispetto a quello apparso finora.

«L’avvocato – fa sapere il sito vaticano – ha scelto di opporre il segreto professionale e dunque si è rifiutata di riferire da chi lei e Pietro Orlandi abbiano raccolto le “voci” sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione Di martedì, “la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi” e “non andava certo a benedire le case».

Parole che Pietro Orlandi ha pronunciato in diretta su La7 la sera dell’11 aprile, dopo essere stato lungamente ascoltato dal Promotore di Giustizia, lasciando così intendere di voler in qualche modo asseverare il contenuto di un audio nel quale un membro della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco.

La replica di Pietro Orlandi al portavoce vaticano è arrivata su Facebook. «Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché? Altro che strumentalizzare le parole».

Il fratello della giovane residente nella Città del Vaticano scomparsa il 22 giugno 1983 non smentisce che l’avvocata Sgrò abbia opposto il segreto professionale davanti al Promotore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi. «Sono andato in primis a verbalizzare proprio per fare i nomi, tra gli altri, riguardo i famosi messaggi Whatsapp affinché fossero convocati e interrogati e ora hanno il coraggio di dire che non ho fatto nomi? Vorrei aggiungere che quando mi sono presentato l’11 aprile dal Promotore per essere ascoltato e verbalizzare ero insieme all’avvocato Sgrò, lo stesso Promotore disse all’avvocato Sgrò che avrebbe preferito che lei fosse rimasta fuori dalla stanza perché avevano intenzione di ascoltare me non alla presenza dell’avvocato, che educatamente si congedò», continua Pietro spiegando di aver preparato con il suo legale un memoriale con copia di tutte le chat, i nomi e le dichiarazioni poi fatte a voce nel colloquio durato 8 ore, memoriale che poi «la Sgrò prima di uscire dalla stanza ha consegnato in doppia copia e che è stato protocollato e letto a voce alta dallo stesso Diddi. Una copia al promotore e una all’avvocato», ha concluso Pietro.

«Dovrei iniziare a pensare male…», replica all’Agi, Alessandro Diddi, promotore di Giustizia in Vaticano. «Al momento non posso che prendere atto di questa situazione inspiegabile – afferma Diddi – Noi ci siamo messi a disposizione, in silenzio e senza dare nell’occhio, ritenevano che non stessimo facendo nulla, ma come abbiamo dimostrato non era così. Adesso che devono darci le informazioni importanti si tirano indietro: e’ inspiegabile. Non riesco a capire. Inizio quasi a pensar male, ma al momento prendo atto e basta».

«Questa non è la strada giusta – replica all’Adnkronos l’avvocato Sgrò – strumentalizzare l’attività di un legale che non può e non deve rivelare le proprie fonti. Che ha diritto a fare indagini parallele. Questa cosa – il timore del legale – alzerà i toni in modo esponenziale. Io mi sento strumentalizzata».

Pubblicato da edizioni24

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