Omicidio Rostagno, il dietrofront della Cassazione: conferma l’errore: assolve il presunto killer, condanna il mandante

La giustizia italiana cerca di aggiustare il pasticcio combinato nel febbraio 2018 quando venne assolto Vito Mazzara,  il presunto killer di Mauro Rostagno e venne, invece, condannato il mandante, il boss Vincenzo Virga ma, dopo due ore e mezza di camera di Consiglio, i giudici della Cassazione confermano: il killer va assolto, il mandante condannato.

I giudici di Piazza Cavour hanno rigettato i ricorsi presentati dalla difesa di Virga e dalla procura generale di Palermo contro la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Palermo del febbraio 2018.

Questa mattina davanti ai giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione chiamati ad esprimersi sul processo per l’assassinio del giornalista e sociologo ucciso nei pressi di Trapani il 26 settembre del 1988, il sostituto procuratore generale Gianluigi Pratola aveva sollecitato i suoi colleghi della Suprema Corte a confermare, da un lato, l’ergastolo per il boss Vincenzo Virga e, dall’altro, ad annullare l’assoluzione per il presunto killer di mafia Vito Mazzara e a celebrare per lui un Appello-bis.

La vicenda è una ferita tuttora aperta per la giustizia italiana che si è incartata su questa storia con uno strascico di colpi di scena e depistaggi.
In primo grado, nel 2014, i giudici avevano condannarto sia Virga che Mazzara all’ergastolo.

Ma, successivamente, nel febbraio 2018, colui che era ritenuto il killer che avrebbe ucciso materialmente Rostagno, fu assolto “per non aver commesso il fatto” dai giudici della Corte d’appello d’assise di Palermo, che confermarono l’ergastolo per il boss.

Oggi i giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno confermato la sentenza di appello per l’omicidio Rostagno.

Ci sono voluti 32 lunghissimi anni per arrivare ad avere la verità, almeno quella giudiziaria, sull’omicidio  Rostagno.
Oltre 20 anni sono serviti per arrivare al processo di primo grado.
E ce ne sono voluti altri 12 per avere la sentenza definitiva, attesa per questa sera alla Corte di Cassazione. Indagini lunghe, in cui non sono mancati colpi di scena ed episodi di depistaggi.
Basti pensare che è tuttora in corso, davanti al Tribunale di Trapani, un procedimento contro dieci persone, tra cui esponenti delle forze dell’ordine, un maresciallo della Guardia di Finanza e un luogotenente dei Carabinieri, entrambi in pensione, accusati di falsa testimonianza ma anche la vedova di un generale che lavorava nei Servizi segreti.

Era la sera del 26 settembre quando Mauro Rostagno , che era alla guida della sua Fiat Duna bianca, cadde sotto icolpi di mitraglietta e di lupara.
Il sociologo e giornalista era quasi arrivato a Lenzi, nelle campagne di Valderice, dove aveva sede la comunità Saman e dove abitava.
Accanto a Rostagno, in quel momento, c’era una giovane, Monica Serra, un’ospite della comunità, che faceva parte della squadra di giovani cronistiche il sociologo aveva messo in piedi per la tv locale Rtc.

I sicari lo stavano aspettando nascosti nel buio della strada di campagna, uno stretto budello.
All’improvviso Mauro Rostagno venne investito da decine di colpi.
Fece in tempo a gridare a Monica Serradi nascondersi dietro il sedile.
Nessuno ha sentito nulla. Nessuno ha sentito quei colpi di mitraglietta e di lupara.

Vennero analizzate le impronte genetiche trovate sui resti del fucile a canne mozze rinvenuti a terra sul luogo del delitto giacché la canna di legno si ruppe al momento dell’esplosione dei primi colpi. Ma i giudici non ritennero sufficienti quelle prove genetiche.

Il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, fino agli anni 90 capo della famiglia di Mazara del Vallo, raccontò le irritazioni del capomafia Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo, ad ogni trasmissione televisiva messa in piedi da Rostagno che indagava, fra l’altro, sui legami fra mafia e massoneria.

Poi arrivò Francesco Milazzo a parlare di un ordine “partito dalla Provincia, perché il giornalista aveva toccato qualche nome importante nelle sue trasmissioni”.

Ultimamente l’assassinio di Mauro Rostagno era anche stato accostato all’omicidio della giornalista Rai Ilaria Alpi.

Un accostamento rigettato dalla figlia, Maddalena Rostagno, che aveva detto: “Girano articoli che parlano di questo “link” tra i due omicidi con una quantità di imprecisioni e mere ipotesi date come prove. Invito i giornalisti a fare distinzione e chiarezza tra prove e ipotesi. E per chi volesse approfondire ricordo che durante il processo di primo grado si è affrontato l’argomento e se ne può leggere nelle motivazioni della sentenza, che trovate online”.
L’unica cosa certa, a questo punto, è che quello di Mauro Rostagno è stato un delitto di mafia.

Pubblicato da edizioni24

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