Nura Musse Alì, dirigente del PD, manda al manicomio Letta: “Bentornati talebani”

Donna e del Pd che inneggia ai talebani? Sogno o son desto, direbbe il poeta. No, non siete su Scherzi a parte: avete letto bene. C’è una donna dem felice che a Kabul ora sventoli la bandiera bianca con la scritta nera. Si chiama Nura Musse Alì, è di origine somala e rappresenta il partito di Lettain seno alla commissione Pari Opportunità della regione Toscana. Il suo scivolone è consultabile sul sitoonline de Il Tirreno che l’ha intervistata sulla crisi afghana. A domanda, Nura non ha esitato ad inneggiare ai talebani. Ne sarà contento Giuseppe Conte il primo a mostrarsi tutt’altro che affranto per la vittoria degli Studenti islamici. Chissà che non se ricordi nel caso, non si sa mai, tornasse a Palazzo Chigi.

Senza escludere che l’entusiasmo della Musse Alì finisca per contagiare anche Marco Travaglio, da tempo orfano dei reportage di Ale Di Battista dal Nicaragua. Anche qui, mai dire mai. Insomma, se il Pd dovesse rivelarsi eccessivamente severo verso di lei Nura sappia che nel giro pentastellato un posto lo troverebbe di sicuro. Certo, dire che l’ha fatta fuori dal secchio è dire poco. I talebani sono un punto fermo della moderna narrazione della sinistraperché le consente di attribuire al loro fanatismo religioso la discriminazionedelle donne. Quasi che fuori da quella cerchia fondamentalista, nell’Islamcosiddetto moderato, la condizione femminile possa essere chissà quanto diversa.

È una narrazione funzionale a quella sull’immigrazione perché tende a presentare l’Islam come integrabile. Con la sua sortita filo-talebana, invece, Nura Musse Alì riporta il tema della mancata integrazione fin dentro il Pd. Si capisce perciò perché la presa di distanza annunciata dalla segretaria regionale demSimona Bonafè, sia priva di tentennamenti. «I talebani – ha detto – sono stati e restano liberticidi e nemici dei diritti, persecutori delle donne. Sostenere che un regime è una tappa obbligata verso la maturazione sociale è inaccettabile». Le parole della Bonafè, tuttavia, non hanno sedato la rissainterna e le richieste di dimissioni. E  neppure la soddisfazione di vedere finalmente il Pd dietro la lavagna. Già, solitamente è quello col ditino alzato. A volte anche i “migliori” piangono.

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