“Non è giusto, fa malissimo”. Carini lascia l’incontro contro l’uomo algerino dopo 46 secondi: per noi è lei la campionessa (Video)

By Luca Bocci

Dopo le infinite polemiche e la tempesta sui social l’incontro tra Angela Carini ed Imane Khelif dura meno di un minuto. Dopo un diretto al mento che fa vacillare l’atleta napoletana e tornare all’angolo per farsi sistemare il caschetto, arriva l’abbandono a sorpresa dopo solo 46 secondi. Dopo il verdetto ufficiale, l’atleta delle Fiamme Oro si scioglie in un pianto sconsolato, mormorando qualcosa come “non è giusto”. Quattro anni di lavoro e sacrifici immensi immolati sull’altare dell’ideologia gender e dell’inclusività a tutti i costi. Una cosa è certa: le polemiche non sono che all’inizio.

Un ritiro controverso

Pubblico delle grandi occasioni all’Arena Paris Nord, dove si tiene il torneo olimpico della boxe per un incontro che ha attirato l’attenzione del mondo come pochi altri nella lunga storia della nobile arte a cinque stelle. L’atleta napoletana si presenta dall’alto delle sue 82 vittorie in ambito dilettantistico ma avrà il suo bel da fare per contenere la potenza e la tecnica del pugile algerino. La pugile della Polizia si gioca l’ingresso ai quarti di finale del torneo olimpico e quella medaglia che aveva promesso al padre poliziotto a Tokyo. L’algerino era arrivato quinto nell’ultimo torneo olimpico ma i bookmakers hanno interrotto da qualche ora le scommesse sull’incontro, visto che si concentravano tutti su Khelif. La prima ripresa vede l’algerino mantenere la distanza per non subire l’allungo della Carini ma è comunque in grado di mettere qualche colpo interessante, tanto da costringere l’azzurra a farsi sistemare il caschetto ben due volte per poi ritirarsi all’improvviso.

Né il pubblico né i telecronisti riescono a capire cosa sia successo davvero ma, alla fine, rimane il fatto che, dopo solo qualche colpo preso, specialmente un diretto secco al mento, l’atleta azzurra si sia ritirata, lasciandosi poi andare ad un pianto sconsolato. Non è chiaro cosa sia successo ma sembra intuirsi dal labiale che la Carini abbia detto qualcosa come “non è giusto”. Possibile, forse, che si sia trattato di una decisione dell’angolo dopo che un diretto destro al mento dell’algerino ha fatto temere il peggio. Il fatto non cambia: ai quarti di finale approda Imane Khelif. Cercheremo di capire cosa sia successo davvero nei prossimi minuti, quando la Carini parlerà ai media.

Una tempesta mediatica senza precedenti

Da quando il Comitato Olimpico Internazionale ha reso pubblico il 29 luglio la decisione di consentire ai due atleti trans esclusi dal mondiale di boxe dell’anno scorso di prendere parte al torneo olimpico di pugilato femminile, la tempesta mediatica ha coinvolto i media mondiali in maniera sempre più prepotente. La stampa italiana è stata in prima fila, considerato che la prima atleta a dover affrontare l’algerino Imane Khelif appartiene alla delegazione azzurra ma lo scandalo è stato davvero planetario. D’altro canto, è bastato dare un’occhiata ai video presenti in rete sugli ultimi incontri del pugile nordafricano per capire come i rischi all’incolumità di Angela Carini fossero molto, molto reali.

La risposta delle autorità algerine è stata scomposta e all’insegna degli attacchi ai media statunitensi, sempre popolare nel mondo islamico, accuse di complotti globali e varie atrampicate sugli specchi per giustificare il fatto che un atleta biologicamente maschio possa battersi sul ring contro un’atleta donna. Preoccupati per la salute di Angela? Solo gente che odia l’Algeria e non vuole vederla vincere una medaglia. Visto che l’International Boxing Association è circondata da sospetti di infiltrazioni politiche e dubbi sull’imparzialità dei giudici, meglio eliminarla del tutto, assieme ai suoi regolamenti che chiudono le porte agli atleti trans e dare carta libera alla boxing Unit del Cio che ha autorizzato, come peraltro successo già a Tokyo, la loro partecipazione. Meglio evitare di fare test ed accettare supinamente quello che è scritto sul passaporto. Se poi nei guai ci finisce un’atleta azzurra, cosa importa?

Tra politica e buonsenso

Alla fine, le Olimpiadi più “eque ed inclusive di sempre” raccolgono l’ennesima figura da cioccolatai, dopo la cerimonia d’apertura in salsa trans, l’acqua inquinata della Senna, i servizi che non funzionano e le camere del villaggio olimpico senza aria condizionata. In gioco, però, stavolta c’è il valore universale dello sport, quell’equità nella competizione che, dai tempi di De Coubertin è la pietra angolare delle Olimpiadi. Dopo aver lottato per anni contro il doping chimico, ora tocca al doping biologico. Nonostante gli enormi vantaggi, ad uomini è stato concesso di competere contro atlete donne, anche in sport necessariamente violenti come la boxe, dove si rischia fisicamente la propria incolumità.

La politica ha provato ad intervenire in extremis ma non c’è stato niente da fare: il Presidente del Coni Malagò ha ammesso che i tentativi fatti col Cio non hanno avuto successo ma che non si dice preoccupato per la salute di Angela Carini. Il ministro dello sport Abodi, invece, la pensava in maniera del tutto diversa: “questa interpretazione del concetto di inclusività non tiene conto di fattori primari e irrinunciabili”. Ancora più tranchant il vice premier Matteo Salvini: “questa è una follia inaccettabile figlia dell’ipocrisia del politicamente corretto”. L’ineffabile Cio fa finta di niente e lascia combattere i pugili uomini ma anche due calciatrici dello Zambia che hanno preso a pallonate le ragazze dell’Australia.

Atletica e nuoto hanno risolto da tempo il problema, introducendo il limite dei 12 anni d’età per la transizione da uomo a donna ma anche una categoria riservata agli atleti trans, andata peraltro deserta

Pubblicato da edizioni24

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