By Mario Sechi
Ieri il Senato ha approvato il Rendiconto generale del 2023 e l’assestamento per il 2024 dei conti dello Stato. Un’operazione di routine, la maggior parte dei parlamentari ha votato al buio, ma in quelle pagine c’è una nota che diventa una parabola della nostra storia recente: «Tra il 2014 ed il 2023 le passività finanziarie sono aumentate, per complessivi 1.146 miliardi circa (oltre il 40% del livello iniziale), principalmente per effetto di un aumento altrettanto regolare dello stock di debito a medio -lungo termine».
Il debito ha galoppato in un decennio in cui è cambiato il mondo, gli ultimi tre anni sono un razzo a decollo verticale: «Nel periodo 2020-2023 si rileva un forte aumento delle passività finanziarie, causa il particolare momento economico, che trova riscontro nel maggiore accesso al credito da parte dello Stato, in particolare mediante l’accensione di debito a medio -lungo termine. Nel corso del 2023 continua la tendenza negativa con le passività finanziarie che registrano un aumento complessivo di oltre 170 miliardi». Si tratta di un’evoluzione del debito dettata dalla storia e basta leggere i documenti per apprezzare la politica equilibrata del governo Meloni e la prudente politica di bilancio del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In un periodo di straordinaria intensità, a Palazzo Chigi hanno tenuto la rotta e i risultati sono nel complesso positivi, nonostante l’incredibile peso della macchina dello Stato italiano. Mentre leggevo i numeri e le valutazioni del Servizio Studi del Senato, Antonio Misiani, senatore del Partito democratico, in fase apocalittica, dipingeva il Giudizio Universale, mischiando il Fisco e il Pnrr, le politiche industriali e i pensionati, la spesa sociale e la sostituzione del Ragioniere generale dello Stato, un guazzabuglio penoso per annunciare il voto contrario del Pd. Del suo intervento si salvano solo cinque parole, «siamo in una fase nuova» (che intuizione), ma l’alternativa del Pd qual è? Quella di ieri? Perché i numeri della crescita del debito pubblico – e molto altro, come la dinamite contabile del Superbonus – non sono figli di nessuno, sono inquadrati in un preciso periodo storico e hanno nomi e cognomi: dal 2014 al 2021 il Partito democratico è sempre stato a Palazzo Chigi, nei governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi non c’erano i marziani, ma la classe dirigente del Pd. I dem negli ultimi dieci anni hanno sempre governato e sono finiti all’opposizione solo quando Giorgia Meloni ha vinto le elezioni.
Il Partito democratico sta oltre i confini della realtà, propone aumenti della spesa insostenibili, ha una classe dirigente che vive in una bolla. Eppure, le lezioni di realtà non mancano. Andiamo a Wall Street, nella vasca degli squali. Qualche mese fa Warren Buffett, il Re Mida della Borsa, disse: «Per quanto mi riguarda avrei difficoltà a investire 10 miliardi, non vedo opportunità migliori di quelle che abbiamo trovato». La frase era un gong per gli investitori, perché Buffett ha sempre sconsigliato di tenere troppa liquidità, ma in quel momento la sua società di investimento, la Berkshire Hathaway, era già comodamente «seduta» su 189 miliardi di dollari cash. Pochi colsero l’avviso, perché quando in Borsa c’è «Bonanza» l’appetito per il rischio sale, nessuno spegne le luci e stacca la musica mentre tutti ballano. Tre mesi dopo, il vecchio Warren (ha 93 anni) ha venduto oltre la metà della sua partecipazione in Apple, una delle star della Borsa, e la sua cassa oggi ammonta a 276,9 miliardi di dollari. Subito dopo la sua mossa, il mercato in 48 ore è colato a picco, poi si è rialzato (vedremo come e per quanto). Cosa ha fatto Buffett? Si è preparato alla tempesta sui mercati. Una lezione di strategia e un avviso ai naviganti: si galleggia in un oceano d’incertezza. Per queste ragioni Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti dovranno continuare con la politica di bilancio prudente, dobbiamo prepararci alla tempesta (non solo finanziaria), siamo in un momento storico in cui le mappe del passato sono inaffidabili. Soprattutto se i cartografi sono quelli del Pd. Come diceva Winston Churchill, i socialisti sono come Cristoforo Colombo, «partono senza sapere dove vanno. Quando arrivano non sanno dove sono. Tutto questo con i soldi degli altri». E non scoprono neppure l’America.