Negli Usa la Corte ribalta il diritto all’aborto. Daniele: “Finalmente una sentenza che condivido, troppe mamme uccidono in grembo i loro figli. Ora l’occidente rifletta”

By Gaetano Daniele

Finalmente una sentenza che condivido. L’aborto non è un diritto. Uccidere ancora in grembo i propri figli è un reato. Anche morale. Che denota l’aspetto psicologico di chi lo attua. Perché ci sono tutte le precauzioni per non consentire che si arrivi all’aborto. E nonostante ciò, mi è capitato di scrivere di donne che l’anno praticato per 2, 3 volte di fila come se fosse la normalità, una passeggiata al parco. Le immagini che arrivano dall’America mostrano i riots, i tumulti nelle strade in tutte le grandi città con la polizia schierata poco convintamente contro una gran quantità di donne non soltanto nere che protestano contro una legge temutissima e dannatamente lacerante come quella emessa dalla Corte Suprema che ha abolito l’aborto come diritto federale lasciando così ai singoli Stati la possibilità di metterlo al bando o limitarlo secondo diversi criteri.

Questa decisione della Corte suprema americana avrà un pessimo impatto sulla politica internazionale perché gli Usa avevano finora goduto anche del prestigio di Paese più liberale in materia di diritti civili, essendo l’aborto considerato dalla maggior parte delle donne del mondo come un diritto non alienabile. Tutti i Paesi emergenti hanno praticato politiche abortive per motivi anche economici (in Cina mancano all’appello 180 milioni di donne a causa degli aborti selettivi nell’epoca del maoismo).

Gli Stati più conservatori come già sta facendo il Texas – chiuderanno tutte le procedure per l’aborto libero e specialmente quelle su feti ormai maturi per nascere, ma si vedono in strada e su tutti gli schermi televisivi anche gli attivisti Pro Life, che si sono sempre battuti contro l’aborto che in America rappresenta una questione non soltanto di diritti ma investe anche la questione razziale. Negli Stati del Sud molti leader neri, specialmente donne, da tempo si sono levate contro l’aborto totalmente permissivo e di immediato accesso per – sostengono loro – distruggere la riproduzione degli afroamericani. La questione ha avuto sviluppi molto laceranti che da noi sarebbero incomprensibili e che hanno visto tra i protagonisti della contestazione all’aborto molti difensori della collettività nera, ma anche delle comunità latino-americane.

La decisione dipende dal fatto che sotto Trump e poi ancora più recentemente il numero dei componenti conservatori della Corte ha superato quello dei progressisti, benché la materia ha a che fare soprattutto con divisioni religiose ed etniche. Si contrappongono diversi modelli di cultura ebraica, come anche le diverse convinzioni delle comunità native in genere ostili alle pratiche abortive perché considerate genocide.

L’aspetto razziale della questione dell’aborto è in genere quello più incomprensibile per noi europei: non soltanto Negli Stati Uniti ma anche in Brasile e in molti paesi di cultura latina e indigena le cliniche abortive sono vissute come abominevoli centrali di compagnie farmaceutiche e di imprese a vario titolo biologiche, le quali hanno un dimostrato interesse ai lucrosi proventi dei materiali umani ricavabili dagli aborti di massa. Negli Stati del Sud le minoranze afroamericane accusano i bianchi di avere accoppiato due sistemi per impedire alla società nere di incrementarsi e strutturarsi. Il primo è quello di un aborto servito a domicilio con una catena di strutture installate nelle aree marginali delle periferie urbane. E la seconda consiste nella pratica di compensare ogni ragazza nera incinta dall’età di 14 anni con un sussidio per garantire la sua vita e quella di suo figlio, col risultato di avere un’intera popolazione di donne sole che hanno messo al mondo cinque o sei figli destinati alla marginalità senza alcuna possibilità di costruire una famiglia.

Ciò che separa l’America bianca dall’altra di colore è l’idea costante che i bianchi altro non vogliano che limitare o impedire la procreazione delle razze meno gradite. Ciò non vuol dire che le donne nere o latine siano contente di questa decisione che non nasce certamente da un desiderio filantropico ma da quello di dar ragione ai movimenti antiabortisti e Pro Life che nel corso degli anni si sono fatti sempre più violenti, arrivando ad attaccare le cliniche abortiste con le armi e in qualche caso uccidendo vittime innocenti.

Il paese è dunque spaccato. Fino a ora il diritto all’aborto era considerato comunque un traguardo raggiunto universalmente e un diritto di tutte le donne. Ora non è più così. Dunque, meglio un omicidio in meno e un falso moralista in più.

Pubblicato da edizioni24

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