Neanche una specchiata avrebbe osato tanto. “Confonde un melanoma per una verruca”: dermatologa condannata per la morte di una giovane magistrato

Una dermatologa romana, Carla V., è stata condannata dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Perugia a 8 mesi di reclusione con l’accusa di omicidio colposo per aver causato la morte di Giulia Cavallone, 36 anni, magistrato del tribunale capitolino.

Secondo la ricostruzione del Messaggero, il 4 novembre del 2013, la vittima, insospettita da un neo comparso su un polpaccio, prenota una visita presso lo studio privato della dermatologa, dalla quale si reca ancora una volta il 18 giugno del 2014. Nel corso di entrambe le visite, la dottoressa la tranquillizza, dicendole che si tratta di una verruca seborroica, «nonostante la presenza di elementi di sospetto», si legge nel capo di imputazione. Inoltre, «ometteva di ricorrere a un esame strumentale più approfondito della lesione e, comunque, di avviare con urgenza la paziente alla competenza di un esperto».

Nel luglio del 2014, otto mesi dopo la prima visita, però, alla vittima viene fatta una diagnosi del tutto inaspettata presso l’Ospedale San Camillo. I medici asportano d’urgenza la lesione sospetta e concludono che non si tratta di una verruca, come stabilito dalla collega, bensì di un melanoma modulare maligno ulcerato. Una risposta che, però, è arrivata troppo tardi: il melanoma è al quarto stadio. L’asportazione del tessuto, un intervento successivo e le cure con i farmaci non hanno impedito la sua evoluzione. Le metastasi si diffondono nel corpo della donna arrivando a colpire cervello, polmoni, cuore, fegato e intestino: non c’è più niente da fare. Giulia muore il 17 aprile del 2020.

Dal 21 settembre 2020, al Tribunale di Roma, c’è un’aula intitolata alla memoriadella giovane magistrato del Tribunale capitolino e figlia dell’attuale procuratore generale della Corte di appello di Roma, Roberto Cavallone (che da pm aveva seguito l’indagine bis sulla morte di Simonetta Cesaroni a via Poma).   Come giudice monocratico, alla vittima era stato affidato anche il processo a carico degli 8 carabinieri accusati, a vario titolo, di avere messo in atto depistaggi dopo la morte di Stefano Cuochi.  L’ultima udienza la celebrò il 26 febbraio 2020. Poi la morte, il 17 aprile Giulia Cavallone, in seguito alla malattia.

In queste ore, sui social, la sorella Elena, ha condiviso l’articolo del Messaggero, con la foto e il nome e cognome della dermatologa condannata. “Mia sorella non amava i social, ma se servono a evitare altre tragedie ben venga. Un medico che scambia un tumore per una verruca è pericoloso per chiunque. Attenzione”.

Pubblicato da edizioni24

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