Napoli, problemi per il sindaco Manfredi: “Senza soldi mi dimetto”

Evaporato l’effetto anestetizzane della vittoria elettorale, si risvegliano i dolori. Addirittura lancinanti sono quelli che dice di avvertire Gaetano Manfredi, nuovo sindaco di Napoli. Fino a fargli adombrare – nel forumorganizzato da Repubblica – una sorta di sdegnato disimpegno se il governo non gli consentirà di onorare gli impegni. E di cambiali elettorali l’ex-rettore della Federico II ne ha firmate tante, alcune necessarie, ma che senza la borsa del governo centrale rischiano di restare lettera morta. Per questo aveva subordinato la propria candidatura all’esborso di denaro da parte di Roma. Ora che ha vinto l’ingegnere (il secondo più importante della città dopo Corrado Ferlaino, il presidente che acquistò Diego Armando Maradona e che portò il Napoli allo scudetto) è tornato alla carica.

Ha chiesto «100-200 milioni all’anno per cinque anni» da destinare alla spesa corrente più «un piano straordinario di mille assunzioni». Diversamente, ha confidato a Repubblica, «non credo che si potrebbe andare avanti in queste condizioni». Il grido di dolore di Manfredi non è privo di reali motivazioni. A cominciare dai numeri della burocrazia comunale, assottigliatasi negli anni di circa due terzi: da 12mila a 4mila dipendenti. Un salasso. Ma c’è anche la desolante eredità di Luigi de Magistris, il sindaco scassatore che «non ha presentato alcun progetto per accedere ai fondi del Pnrr». Manfredi mette le mani avanti. «Così com’è la situazione – avverte – non siamo in grado di gestire le risorse che arriveranno e ci troviamo in ritardo su quelle già stanziate».

Chiaro come acqua di fonte. Peccato che nella sua arca di Noèelettorale l’Ingegnere abbia imbarcato tutti ma proprio tutti, compresi anche alcuni ex-assessori della passata Amministrazione, la stessa di cui lamenta oggi l’immobilismo. La palla passa ora al governo. Anche perché non c’è solo il Pnrr da implementare, ma anche l’area di Bagnoli da bonificare. Se ne parla da almeno un trentennio. Per venirne a capo Palazzo Chigi ha esportato sotto il Vesuvio il cosiddetto modello-Genova, mettendo tutti i poteri nelle mani del sindaco. Ma, alla luce delle sue lamentazioni odierne, è lecito dubitare che sia stata una saggia decisione.

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