Metropol, La Verità svela le “trame russe dell’Espresso”. E ora ad andare in Procura è la Lega

Non uno scoop, frutto di giornalismo investigativo, ma un vero e proprio “trappolone” contro Salvini e la Lega, preconfezionato e poi dato in pasto all’opinione pubblica. Vi sarebbe questo, secondo quanto ricostruito da La Verità, dietro la famosa inchiesta sul Metropol di Mosca pubblicata dall’Espresso e poi finita nel mirino della Procura, che però dopo tre anni ha dovuto prendere atto dell’inesistenza di reati chiedendo un’archiviazione poi accordata dal gip ad aprile di quest’anno. Per quella vicenda giudiziaria si è chiusa con un nulla di fatto, ora un’altra se ne apre. Stavolta a parti invertite, perché a dare mandato ai propri legali di presentare un esposto in Procura è stata la Lega, che vuole “procedere in tutte le sedi per ripristinare la verità e tutelare le proprie ragioni”.

A monte della decisione del Carroccio c’è proprio l’inchiesta pubblicata dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro con il titolo “Trame russe dell’Espresso per incastrare Salvini e la Lega”. Dando notizia della volontà di procedere per le vie legali, la Lega ha ricordato in una nota che “la vicenda dell’hotel Metropol di Mosca, scrive oggi il giornale, è stata una macchinazione costruita a tavolino per colpire il partito e il leader Matteo Salvini (ai tempi Vicepremier e Ministro dell’Interno) alla vigilia delle ultime elezioni Europee”. “Altro che scoop. Un faccendiere scriveva, parlava, registrava, cercava in tutti i modi di tirare in ballo la Lega e poi passava tutto all’amico giornalista che confezionava gli articoli per la felicità della sinistra e dei suoi giornali”, prosegue il comunicato, riassumendo in questo modo l’articolo firmato da Giacomo Amadori.

I due (faccendiere e giornalista) – si legge ancora nel comunicato del Carroccio – si parlavano spesso, si incontravano, addirittura si erano recati a Mosca insieme. Non una inchiesta, quindi, ma una macchinazione per incastrare i rivali politici. Il tutto è stato annotato dalla Guardia di Finanza e riportato con evidenza da La Verità di oggi”. “È bene ricordare che, dopo anni i giudici hanno già stabilito l’assenza di passaggi di denaro dalla Russia o di reati a carico della Lega. Ora, queste rivelazioni – prosegue la nota – offrono nuovi spunti che, ne siamo certi, saranno di grande interesse giudiziario”.

L’articolo di Amadori cita un’informativa del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano, datata luglio 2020, nella quale – viene riferito – si legge che “dagli accertamenti svolti […] sono emerse tracce di contatti telefonici e di incontri intercorsi nel periodo d’interesse investigativo (2018/2019) tra uno degli indagati, Gianluca Meranda, e uno dei giornalisti firmatari dello scoop da cui ha tratto origine l’indagine, Giovanni Tizian”.

Per Amadori quella “annotazione getta una luce sinistra sull’intera inchiesta giornalistica del settimanale, all’epoca di proprietà della famiglia di Carlo De Benedetti”. “Ricordiamo che lo stesso editore nel 2020 ha fondato il quotidiano Il Domani e ha assunto nel suo nuovo giornale proprio il principale autore degli articoli sul Metropol”, prosegue il giornalista de La Verità, che al termine di un lungo articolo in cui cita circostanze, date, incontri, messaggi e email intercorsi tra Meranda e Tizian “ricapitola” così tutta la vicenda: “Un avvocato massone e un giornalista diventano «cari amici». Il primo, molto trasversale nelle conoscenze, aveva contribuito alla nascita (nel gennaio 2018) di un comitato per Salvini premier dentro al suo studio, premurandosi, però, di non apparire nell’organigramma. Poi con un bancario, politicamente vicino alla Margherita, aveva deciso di diventare un procacciatore di finanziamenti illeciti per la Lega. E mentre trafficava in questo modo raccoglieva materiale che sarebbe stato divulgato nei mesi successivi sul giornale dell’«amico» giornalista, una testata nemica del Carroccio”.

“A quanto pare, però, Meranda – prosegue Amadori – si era raccomandato di non rendere pubblico l’audio del Metropol. Quando esplode il caso, Salvini non solo non perde consensi, ma stravince le Europee. E allora che cosa fanno i giornalisti? Portano la registrazione del loro «agente provocatore» in Procura e, dopo che è stato depositato in Tribunale, il file finisce su un canale di news statunitense (l’articolo viene firmato da un italiano). Forse è l’unico modo per far circolare la notizia a livello internazionale, mantenendo, almeno apparentemente, la parola data a Meranda. Chissà che cosa sarebbe successo se una simile operazione «giornalistica» fosse stata orchestrata da una testata riconducibile all’area moderata. Non vogliamo neanche provare a immaginarlo”, conclude Amadori.

“Siamo di fronte a uno scandalo, a una macchinazione che ha inquinato la nostra democrazia e il dibattito pubblico: la Lega si aspetta interventi chiari dalla politica, dalla magistratura, dall’ordine dei giornalisti e dai commentatori che per anni hanno rovesciato fango”, commenta ancora la Lega, che conclude: “Il direttore che aveva consentito la pubblicazione delle trame contro Salvini, Marco Damilano, è stato poi promosso in Rai dalla sinistra. Ci aspettiamo parole inequivocabili anche da parte sua”.

Pubblicato da edizioni24

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