Meloni conferma la linea del Tar, che boccia ancora la “vigile attesa” di Speranza: “è ora che il ministro vada a casa”

Il Tar del Lazio accoglie il ricorso del Comitato per le Cure domiciliari e boccia le famigerate linee guida del ministero della Salute su ‘tachipirina e vigile attesa’. Giorgia Meloni,commentando la decisione del tribunale, torna a chiedere le dimissioni del ministro Speranza.

“Dopo due anni di fallimenti conclamati la sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base. È chiaro che Speranza non può rimanere un minuto di più, Mario Draghi e le forze di maggioranza prendano atto del fallimento”.

Già nel marzo 2021 il Tar aveva chiesto al ministero della Salute di aggiornare le linee guida. Ritenendo che il protocollo adottato per le cure domiciliari non fosse idoneo a fronteggiare il Covid. Ma il ministro aveva presentato ricorso tramite il Consiglio di Stato e il protocollo era rimasto invariato.

Pochi giorni fa la leader di Fratelli d’Italia aveva attaccato ancora il ministro della Salute, a proposito dei ritardi nelle cure delle patologie gravi oltre al Covid: “L’allarme lanciato dalla Società Italiana di Chirurgia evidenzia ancora una volta la drammatica situazione delle prestazioni ospedaliere, con tantissimi malati – spesso oncologici – che chiedono risposte urgenti. Senza contare le centinaia di migliaia di italiani che, proprio a causa di questa situazione, sono costrette a rimandare visite e analisi di controllo spesso della massima importanza in tema di prevenzione. Da mesi Fratelli d’Italia interroga il Ministro della Salute su questo tema improrogabile, non ricevendo mai alcuna risposta concreta. Non si muore solo di Covid: Speranza non può rimanere ulteriormente in silenzio”.

Troppi i passi falsi di Speranza,secondo Fratelli d’Italia, che lo scorso aprile aveva presentato nei suoi confronti una mozione di sfiducia. A novembre il ministro era finito nuovamente nella bufera per il caso del documento dell’Oms critico nei confronti della gestione della pandemia da parte dell’Italia. Documento ritirato in fretta e furia e quindi ripubblicato in versione edulcorata rispetto all’originale redatto dal ricercatore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Francesco Zamboni.

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