Maternità surrogata e agenda Lgbt, i cattodem messi alla porta da Schlein

Nel suo primo discorso da leader Pd, Elly Schlein lo aveva assicurato a gran voce: “Sarò la segretaria di tutte e di tutti“. E giù applausi dalla platea per quei buoni propositi. A giudicare dalle sue battaglie di inizio mandato, tuttavia, pare che la paladina dell’inclusione abbia escluso dalla linea del partito la frangia moderata dei cattolici. Al momento, infatti, i grandi desaparecidos dall’agenda piddina sembrano proprio questi ultimi. Ci aveva visto lungo Beppe Fioroni, che dopo dell’incoronazione della deputata luganese aveva lasciato il pc lamentando una svolta verso la sinistra radicale e una conseguente incompatibilità con la tradizione cattodem. Nel giro di pochi giorni, i timori dell’ex ministro si sarebbero avverati appieno.

Tra le primissime istanze sostenute dal neo-segretario dem ci sono state infatti quelle sui diritti Lgbt e sulle famiglie omogenitoriali. Cavalcando l’attualità, Schlein è scesa in piazza per intestarsi le battaglie arcobaleno e chiedere al Parlamento di legiferare sul tema. Un debutto più escludente rispetto ai teodem non poteva esserci. Per questi ultimi, difatti, l’argomento è stato motivo di comprensibili imbarazzi, nella maggior parte dei casi risolti con un goffo silenzio. A destare maggiori turbamenti tra i cattolici del Pd sarebbe stata in particolare l’assenza di una posizione netta del segretario sulla maternità surrogata, questione da molti considerata non negoziabile. Nella generale titubanza, qualcuno tra i piddini ha avuto il coraggio di sollevare il dubbio.

“Rivolgo a Elly Schlein la richiesta di distinguere la battaglia per equiparare i diritti dei bambini delle coppie omosessuali dall’impegno che dobbiamo come Pd continuare a onorare perché la maternità surrogata resti in Italia una pratica vietata“, ha affermato l’ex eurodeputata dem Silvia Costa, cattolica. L’esponente di centrosinistra ha anche chiesto al nuovo Pd “uno spazio in cui mettere a confronto le diverse sensibilità e culture politiche su questo tema“. E per forza: sinora, più in generale, l’approccio alla questione dei diritti è sembrato infatti solo quello ultra-progressista. La sensazione è invece che i cattolici sul punto non siano riusciti a toccare palla. Lo stesso Romano Prodi nei giorni scorsi aveva invitato bonaramente i teodem a farsene una ragione: “Una cosa è sentirsi a proprio agio a casa, altra cosa è sentirsi padroni di casa”.

Ma il tema non è affatto archiviabile con una battuta e sembra piuttosto destinato a riproporsi nei suoi aspetti più divisivi. Al riguardo, proviamo una certa compassione per quei cattolici dem che si ritroveranno a fare “determinate sintesi” (per usare un’espressione prodiana) su argomenti rispetto ai quali invece la Chiesa non ha dubbi, né accetta mediazioni. Ad esempio: sulle famiglie omogenitoriali i cattodem ascolteranno Elly Schlein o Papa Francesco, il quale lo scorso ottobre ribadiva che “le famiglie è fatta di un uomo e di una donna” e parlava di “ideologia gender pericolosa“? Analogamente scopriremo se nel dibattito sull’utero in affitto avranno o meno il coraggio di affermare che si tratta di una “pratica inumana“, come sottolineò Bergoglio lo scorso giugno. Il medesimo dilemma si porrà sull’aborto e sull’obiezione di coscienza, dopo che il Pontefice aveva parlato di “omicidio” rispetto al quale “non è lecito diventare complici“.

I mal di pancia sugli argomenti dai risvolti etici già sono iniziati. Dall’area dei cattolici dem trapela infatti un certo disagio per la partenza in quarta del nuovo segretario, lanciatosi subito sulle battaglie identitarie. “Lo sforzo è lavorare per la massima unità, avere cura della storia e dei valori del Pd”, aveva detto Schlein al suo insediamento. Già, ma quali valori? Adesso, per il teodem, la crisi d’identità è un rischio concreto.

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