By Alberto Busacca
Massimo Giannini è ancora molto arrabbiato. Il caso è quello della querela che gli è stata notificata in piena notte. Ricordate? L’editorialista di Repubblica lo ha raccontato a Otto e mezzo, su La7, giovedì scorso: «Due mesi fa a Milano, reduce da una puntata di Fazio nella quale avevo dato giudizi critici rispetto a questa maggioranza, sono andato a dormire in hotel e alle quattro di notte mi hanno svegliato quattro agenti di polizia per notificarmi una querela per diffamazione».
Poi la polemica politica: «Qualcuno ha dato ordine agli agenti di notificare una querela alle quattro di notte in albergo. Con tutto ciò che rappresenta il dissenso rispetto a questa maggioranza, a questa coalizione e al partito che guida il governo si adotta il manganello, l’intimidazione».
La cosa, giustamente, ha fatto molto discutere. E alla fine è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha chiamato il giornalista parlando di «un eccesso di solerzia» e spiegando di aver avviato gli accertamenti necessari. «A nome mio e della polizia», ha detto il titolare del Viminale, «le rinnovo le nostre scuse».
IL POST
Bene. Caso chiuso? Eh no, perché Giannini, come detto, è ancora molto arrabbiato. Non ha nessuna intenzione di lasciar cadere la polemica e così, ieri, ha pubblicato su X l’intestazione del verbale che gli è stato rilasciato “il giorno 11/03/24 alle ore 05.00”. Bè, qual è il problema? Semplice: che nell’immagine postata sui social l’ex direttore della Stampa non ha coperto i nomi dei due agenti che gli hanno notificato la querela, dei quali adesso sappiamo anche il commissariato di appartenenza e la sigla della loro volante. Una scelta? Un errore? Una dimenticanza? Non lo sappiamo, ma di sicuro è una cosa che era meglio evitare.
E infatti, nei commenti, le critiche non mancano: «Ma hai chiesto agli agenti il permesso di pubblicare i loro nomi?»; «Un vero signore a mettere alla gogna i due agenti comandati a fare quella notifica. Veramente un gentiluomo»; «Caro Massimo, ma almeno nascondere i dati degli agenti, no?»; «Non si può svegliare un giornalista alle cinque di mattina però un giornalista che ha migliaia di follower sui social può diffondere il nome dei poliziotti che lo hanno svegliato alle cinque di mattina». E via di questo passo…
La realtà è che dalle parti dei progressisti si usano sempre due pesi e due misure. Loro vanno trattati con tutte le cautele possibili, gli altri chissenefrega. Venerdì scorso, ad esempio, è stato molto criticato il giudice ungherese che ha detto pubblicamente dove Ilaria Salis abiterà durante i domiciliari. «Aver rivelato», hanno detto tra gli altri Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra, «l’indirizzo dell’abitazione dove Ilaria Salis sconta gli arresti domiciliari è davvero un brutto segnale. Di fatto mette a rischio l’incolumità di Ilaria, dei suoi familiari e di chi la ospita. Una gigantesca violazione dei diritti su cui chiediamo immediatamente un intervento di tutela da parte del governo italiano». Ok. Ma come va protetta la privacy della Salis, non andrebbe tutelata anche quella degli agenti di polizia che sono andati da Giannini? Soprattutto se, riferendosi a quell’episodio, si sostiene che «con tutto ciò che rappresenta il dissenso rispetto a questa maggioranza, a questa coalizione e al partito che guida il governo si adotta il manganello, l’intimidazione».
LA CHAT
Chissà se se n’è parlato, ieri, nella ormai celeberrima chat sul 25 aprile… chissà se qualcuno ha difeso i diritti di due agenti che comunque stavano lavorando alle cinque del mattino… chissà se è stato fatto notare a Giannini che va bene attaccare il potere politico, ma deve rendersi conto che anche il potere mediatico (che a lui non manca) andrebbe usato con le dovute cautele… a proposito, ma la chat sul 25 aprile esiste ancora?