By Mario Sechi
Riunione di redazione, tre settimane fa: «Facciamo questo titolo d’apertura: “Meloni richiude i confini”, così a stretto giro manderemo in rotativa una prima pagina con un titolo di segno opposto: “I giudici riaprono i confini”». Come avevamo previsto il 21 ottobre scorso, dopo il decreto legge del governo, i magistrati hanno continuato l’operazione di smontaggio delle riforme del governo Meloni sull’immigrazione, ieri il tribunale di Catania ha ribadito che l’Egitto e il Bangladesh non sono Paesi sicuri e dunque non ci sarà nessun rimpatrio. Siamo di fronte a un «esproprio» di competenze che sono esclusiva dell’esecutivo, un fatto non più episodico, ma un vero e proprio contro -programma politico attuato da una parte della magistratura che ha deciso di andare allo scontro istituzionale.
È evidente che la posta in gioco non è solo la riforma della Giustizia, ma il diritto -dovere del governo di guidare il Paese. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, dice che non c’è nessuna ostilità e che le decisioni sono frutto dell’applicazione delle norme europee, come se ci fosse il pilota automatico, ma aggiunge che «è una delle possibili vie interpretative». Ecco il punto, il possibile e l’impossibile secondo Santalucia. Che immagino abbia letto la sentenza della Cassazione del 27 settembre, quella che dichiarando inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore generale della Procura di Brescia (sul caso di un migrante proveniente dal Marocco), richiama il fatto che «l’inserimento del Paese di origine del richiedente nell’elenco dei Paesi sicuri» non si può aggirare con un colpo di penna, perché la decisione deve essere presa dopo un esame approfondito del singolo caso, sulla base di «ragioni oggettive e soggettive» che vanno a comporre un quadro di elementi «certo, completo, affidabile».
Quello a cui stiamo assistendo è esattamente il contrario: si tratta di un’impostazione ideologica che produce sentenze ciclostilate che cancellano il ruolo della diplomazia, alterano la politica estera, possono compromettere le relazioni bilaterali dell’Italia. È politica, anzi è giustizia che fa politica. Siamo in una dimensione parallela, dove i tribunali fanno il mestiere di Palazzo Chigi e della Farnesina. D’altronde era stato lo stesso Santalucia a anticipare la linea, il 19 ottobre scorso, affermando che nulla sarebbe cambiato anche «per il governo nel momento in cui – come è stato annunciato – si appresta a trovare nuove soluzioni». Come dire, fate pure il decreto, ma nulla cambierà. Quello che si sta materializzando è l’abbattimento del confine della separazione dei poteri, cioè la negazione alla radice della democrazia, la nascita del governo dei giudici.