L’talia mostra i muscoli e lancia il Caccia Tempest: la Nato ci fa giocare

Con prospettiva 2035 la corsa al caccia di sesta generazione Tempest prosegue e vede l’Italia, con Leonardo, giocare un ruolo da protagonista. Il gruppo di Piazzale Montegrappa è il braccio operativo del sistema-Paese sul fronte della proiezione italiana nel progetto che vede Roma al fianco del Regno Unito e del Giappone per sviluppare l’architrave della futura forza aerea atlantica e occidentale. E si muove anche sul campo della complementarietà con i progetti della Difesa europea destinata ad essere sempre meno alternativa, dopo la guerra in Ucraina, a quella Nato. Lo confermano le parole dell’amministratore delegato Alessandro Profumo alla fiera di Farnborough, l’International Air Show, in cui il dirigente dell’ex Finmeccanica ricorda che Londra “ha lasciato l’Unione Europea, non l’Europa”.

E il Corriere della Sera ricorda a tal proposito che Leonardo ” sta sviluppando assieme a francesi, tedeschi e spagnoli l’Eurodrone, un velivolo senza pilota di media altitudine e lunga durata che dovrebbe rappresentare il futuro degli aeromobili a pilotaggio remoto”, provando a ricucire in quest’ottica la divisione tra il Tempest e il Future Combat Air System (Fcas) pensato da Parigi, Berlino e Madrid.

Le dinamiche di Leonardo sono un esempio delle prospettive che la Difesa italiana ha per giocare un ruolo di raccordo tra i diversi sistemi e le diverse piattaforme industriali in una fase in cui la corsa alle spese militari sta portando a una crescita dei programmi in tutti i Paesi avanzati.

In quest’ottica, Leonardo e gli altri attori (Fincantieri, Avio, la divisione veicoli militari di Iveco e via dicendo) possono giocare un ruolo fondamentale di raccordo tra i due sistemi militari-industriali. Consentendo all’Italia un innesto che nel modello Temepst può trovare la sua sintesi ottimale. Questo per una chiara serie di ragioni.

Il primo punto è che l’Italia ha sviluppato una struttura di sistema industriale della Difesa a cerchi concentrici che vede come campo più largo, e dunque terreno di gioco di riferimento, quello atlantico. Lo aveva dichiarato già in tempi non sospetti il ministro della Difesa Lorenzo Guerini parlando dei programmi militari del futuro e lo aveva ribadito il titolare dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti discutendo di autonomia strategica in campo tecnologico: l’unico modo per cui questi sistemi hanno senso per l’Italia è nel quadro di un rafforzamento della componente europea dell’asse occidentale. E questo avvantaggia Roma nel mercato in una fase di chiaro riallineamento atlantico.

In secondo luogo, l’industria della difesa italiana non ha rivalità strutturali ma sostanziali complementarietà con ogni campo produttivo. Il fatto che l’Italia stia facendo convivere la strutturata presenza nel progetto Tempest a fianco delle cordate a guida britannica guidata da Leonardo e la partecipazione di Fincantieri con la francese Naval Group nel consorzio Navris rompendo l’impasse e posizionandosi in forma trasversale a due sistemi produttivi rivali fin dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questo esalta le specificità e la possibilità di fare economie di scala in entrambi i campi.

Terzo punto è la forza delle nicchie di eccellenza italiane, che si posizionano in parti cruciali della catena del valore dell’industria della Difesa. Elettronica di base, sistemi di sicurezza, componentistica aeronautica, scafi: sono italiane molte delle ossature decisive per le moderne piattaforme militar-industriali, che hanno necessità di costruire alle loro spalle complesse reti produttive.

Infine, vi è stata negli ultimi anni una sostanziale continuità politica, con poche cadute come il caso degli Emirati Arabi di fine 2020, sulla proiezione della politica a favorire la Difesa come generatrice di valore favorendo dunque la produzione nazionale e l’export. Leonardo e Fincantieri sono stati gli attori pivotali in tal senso:degli F-35 costruiti a Camerialle Fremm del gruppo navale triestino, il sistema-Paese Italia ha fatto scuola.

Si è dunque rotto definitivamente, con i fatti d’Ucraina, il dilemma sulla priorità della Difesa nazionale, tanto europea quanto atlantica. O ancora meglio, europea in quanto atlantica. Con sempre maggiore forza, dunque, Roma punta a porsi come “ponte” dell’Occidente, a giocare da protagonista in un settore in cui l’obiettivo è quello di far sistema tra i campioni nazionali, gli istituti di ricerca e la galassia di professionisti e piccole medie imprese innovative del sistema-Paese. In questo campo, risulta cruciale la scelta di creare sinergie e complementari la via atlantica e quella europea. Portando a un deciso protagonismo che si riflette in commesse, produzione e occupazione di alto pregio per l’Italia, oltre alle chiare ricadute positive per la sicurezza nazionale

Pubblicato da edizioni24

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