Lingua italiana, Rampelli non ha dubbi: “Basta parole straniere negli atti pubblici”

Una legge a tutela della lingua italiana, che oggi, numeri alla mano, risulta messa a rischio da un uso eccessivo di «foresterismi». A presentarla è stato il vicepresidente della Camera e deputato di FdI, Fabio Rampelli, con lo scopo custodire e valorizzare la nostra lingua madre, garantendone l’utilizzo nella fruizione di beni e di servizi, nell’informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati. Il testo, che dà seguito legislativo a una battaglia storica di Rampelli, prevede anche delle sanzioni, con multe da 5mila a 100mila euro.

Le “Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana”, che si declinano in otto articoli, al primo articolo sanciscono che «la Repubblica garantisce l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonché in ogni sede giurisdizionale». In questa cornice si prevede, tra l’altro, che «gli enti pubblici e privati sono tenuti a presentare in lingua italiana qualsiasi descrizione, informazione, avvertenza e documentazione relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale» e «ogni tipo e forma di comunicazione o di informazione presente in un luogo pubblico o in un luogo aperto al pubblico ovvero derivante da fondi pubblici e destinata alla pubblica utilità è trasmessa in lingua italiana».

«Secondo le ultime stime dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua italiana scritta è aumentato del 773%», si legge nel testo della pdl, dove si sottolinea che si tratta di una «infiltrazione eccessiva di parole mutuate dall’inglese, che negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di guardia», «forestierismi ossessivi  che rischiano «nel lungo termine, di portare a un collasso dell’uso della lingua italiana fino alla sua progressiva scomparsa».

Ma c’è anche un altro aspetto: «Chi parla solo l’italiano oggi rischia il fallimento dell’incomunicabilità». «Non è più ammissibile – si legge nella proposta di legge Rampelli – che si utilizzino termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva». A controllare, ci sarà il Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana, concepito come un organismo di ausilio al governo nazionale e «a violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5mila euro a 100mila euro».

La proposta di legge è stata bollata come «sconclusionata e al limite del ridicolo» dal M5S, che ha anche ironizzato sul ministero per il Made in Italy, sebbene dal testo si capisca che si tratta di una obiezione fuori fuoco. «Bisogna “essere onestamente intellettuali” (cit. deputato Dario Crippa tanto per dire una delle tante gaffes dei 5stelle), da gente entrata in Parlamento a colpi di “Vaffa”, politici improvvisati o improvvisatori della politica, non ci si aspetta capacità di comprendere», ha replicato Rampelli, sottolineando che «la mia proposta è chiara: laddove non esistano termini equivalenti in italiano e non traducibili in un termine corrispondente, l’inglese o il termine straniero sono indispensabili».

«Ma perché usare “meeting” se possiamo dire riunione? O “feedback” se possiamo dire “riscontro”. O “day” se possiamo dire giorno? Ma soprattutto perché le articolazioni dello Stato, le comunicazioni tra organi dello Stato, le leggi dello Stato devono parlare inglese o essere scritte con termini in inglese? La parola – ha sottolineato il vicepresidente della Camera – è democrazia e se non ti fai capire o non vuoi farti capire dal popolo sei antidemocratico. Perché la democrazia è per tutti, anche per le persone meno istruite che conoscono solo la propria lingua madre. Infine, proposte di legge analoghe esistono in diversi Stati europei, perché la lingua è la più alta espressione della propria cultura e legittimamente viene difesa da chi non vuole perderla». Rampelli, quindi, ha consigliato al M5S «di studiare, almeno di andare a leggersi la Legge Toubon in Francia e di collaborare per sostenere insieme agli Istituti scientifici e culturali il nostro idioma. La lingua italiana è, e non da oggi, la quarta più studiata al mondo ed espressione di un potere globale, che è quello culturale. C’è un grande spazio per lavorare insieme invece che polemizzare su tutto, anche su questioni – ha concluso – di assoluto banale buon senso».

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