Libano, l’Idf attacca le basi Unifil: nel mirino il bunker degli italiani

By Fausto Biloslavo

«Ero sotto la torretta. C’è stato un primo colpo che ci ha sfiorato. Il secondo ha preso in pieno il posto di osservazione» racconta un casco blu in forma anonima non essendo autorizzato a parlare. «Non è possibile che sia stato un errore – sottolinea – Il carro armato ha puntato deliberatamente su di noi».

Una cannonata e un drone che indirizza il tiro contro tre basi dell’Onu nel Sud del Libano. L’esercito israeliano ha sparato con armi leggere, fucili mitragliatori, su due postazioni dei caschi blu italiani e anche sul quartier generale della missione Unifil a Naqoura. Le forze di Difesa dello stato ebraico (Idf) sono ai ferri corti con la missione Onu per due motivi: il primo è lo scambio ripetuto di accuse con il segretario generale, Antonio Guterres, sul conflitto a Gaza e l’attacco in Libano. Il secondo è la forte frizione con il comandante spagnolo della missione, il generale Aroldo Lázaro Sáenz, che rispecchia la posizione del suo governo. Madrid ha riconosciuto il 28 maggio la Palestina, una mossa vista come fumo negli occhi dagli israeliani. Lo Stato ebraico chiede che i caschi blu si spostino almeno 5 chilometri più a Nord. «Non si parlano più – ha rivelato una fonte di alto livello al Giornale – Gli israeliani non comunicano nessuna delle loro mosse al comando Unifil». Non è un caso che il bubbone sia scoppiato ieri con una cannonata di un carro armato Merkava, che ha tirato giù una torre di osservazione dei caschi blu proprio davanti alla base di Naqoura, il quartier generale dove si trova il generale Sáenz. Due militari indonesiani sono rimasti feriti non gravemente.

«Negli ultimi giorni abbiamo assistito a incursioni da Israele in Libano a Naqoura e in altre aree – ha dichiarato Andrea Tenenti, portavoce dei caschi blu – I soldati delle Forze di difesa israeliane si sono scontrati con elementi di Hezbollah in Libano. Il quartier generale di Naqoura dell’Unifil e le posizioni vicine sono state ripetutamente colpite».

L’Idf ha sparato sulla postazione dell’Onu Unp 1-31 sulla collina di Labbuné tenuta da un manipolo di 25-30 caschi blu italiani a un passo dal muro di protezione che proteggere il confine con Israele. Prima hanno mandato un drone per osservare l’obiettivo e poi sono partiti i colpi di armi individuali, che hanno centrato l’ingresso del bunker dove stavano riparandosi i militari. Nell’attacco dimostrativo sono stati danneggiati anche dei veicoli Onu e un sistema di comunicazione. Mercoledì gli israeliani avevano deliberatamente sparato su un’altra postazione presidiata, a turno, dagli italiani, la Unp1-32A, dove si tenevano le riunioni fra caschi blu, esercito libanese e israeliano per stemperare le tensioni. L’attacco ha un forte valore simbolico, ma i colpi sono serviti anche a mettere fuori uso le telecamere di monitoraggio del perimetro delle postazioni. «Volevano accecare» i caschi blu sostiene una fonte militare.

Gli italiani hanno ribadito che «restiamo nelle nostre basi a fare il nostro dovere fin quando ci sarà consentito dall’Onu e dalla Difesa». Tenenti ha sottolineato che «qualsiasi attacco deliberato alle forze di pace è una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza» che ha dato vita alla missione nel 2006 dopo oltre un mese di guerra fra Hezbollah e Israele. L’operazione Leonte schiera oggi un migliaio di italiani in gran parte della brigata Sassari.

Il grosso del contingente è di stanza nella base Millevoi di Shama, con il generale Stefano Messina, che comanda il settore Ovest del dispiegamento Onu. Da giorni i caschi blu sono al livello di allarme 3, il massimo previsto, chiusi nei bunker a causa dell’escalation di scontri fra Hezbollah e Israele.

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